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Allegri: «Ha deciso il club. Potrei prendermi una pausa»

Il tecnico: «Io e La Juve siamo cresciuti insieme. Lascio un gruppo straordinario»

SULLE EMOZIONI - «Vivo la situazione serenamente, è fisiologico dividersi nei rapporti di lavoro. Non siamo arrivati a questo punto perché c'erano divergenze sugli anni di contratto o sulle rivoluzioni da fare, quando capisci che fisiologicamente ti devi separare non devi andare avanti. Il presidente, da decisionista qual è, ha preso questa decisione. Dobbiamo essere orgogliosi di questi anni. Da noi a Livorno si mangia la 5 e 5, che è la farinata. E io qui ho vinto 5 scudetti in 5 anni».

CONTA VINCERE - «L'onda negativa non ha pesato, c'è sempre stato dibattito con tutti. Alla Juventus devi vincere e quest'anno abbiamo portato a casa campionato e supercoppa. Giocar bene e giocar male dipende dal risultato finale. Il risultato condiziona i media, io faccio l'allenatore e dovrò sempre pesare anche la prestazione. Le partite di calcio sono strategia, non si può sempre giocar bene. Quelle che ti fanno vincere i campionati sono quelle che giochi male e porti a casa. Se uno si accontenta di giocare bene e arrivare secondo, questo non fa per me. A Cagliari dopo 5 partite e 0 punti, mi dicevano che giocavamo bene ma per me non voleva dire niente. Quando abbiamo fatto 15 vittorie nell'anno della rincorsa non abbiamo fatto un calcio straordinario. A calcio difendersi non è una vergogna. Noi la partita che abbiamo giocato a Cardiff, e qui c'è Cristiano, l'abbiano persa perché il Real ha difeso meglio di noi. Giocar bene non l'ho ancora capito cosa significhi, magari poi ci proverò. Poi c'è un dato di fatto: ci sono i giocatori che vincono campionati, Champions e quelli che non vincono mai, quelli che retrocedono… Ci sarà un motivo se non vinci mai… Era così anche durante le partite estive nei gabbioni di Livorno: ci sarà un motivo se vincevano sempre gli stessi. Non c'è più mestiere, ora tutta teoria. Faccio un esempio: Io ho avuto Cellino a Cagliari, non so come ha fatto: è andato a Brescia e l'ha riportato in A. L'ha fatto, perché è più bravo degli altri».

AZIENDALISTA - «Dite che avrei voluto fare l'allenatore manager? Non me ne ne vado per questo motivo, in questi anni sono stato coinvolto nelle problematiche aziendali… Io sono fiero di essere aziendalista, poi c'è qualcuno che non conosce l'italiano e mi vede come uno “yes man”. Il confronto aiuta a crescere e nei grandi club come la Juventus devi avere conoscenza di tutte le problematiche dell'azienda».

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