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Juventus, rimpianto Allegri: «Bonucci doveva essere il capitano»

ANSA

Il tecnico dei campioni d'Italia si racconta nel giorno del suo cinquantesimo compleanno: «Un regalo? La prossima finale di Champions a Kiev»

IL PRIMO CONTATTO CON LA JUVE
«Quella mattina (delle dimissioni di Conte, ndr), quando mi è arrivata la telefonata della Juventus, non riuscivo a capire. Pensavo mi volessero chiedere informazioni su qualche giocatore. Poi la sera sono stato invitato a cena dal presidente Agnelli: mi ha comunicato che cercavano un allenatore e mi ha chiesto se ero disponibile. Ovviamente lo ero: la squadra veniva da tre anni di successi in Italia e credevo avesse ancora qualcosa da dare, specialmente in Europa».

LA CACCIA AL SETTIMO SCUDETTO
«Dico solo che il 7 è un bel numero. I ragazzi ormai hanno un dna vincente e soprattutto c'è una grande disciplina, ci sono delle regole da rispettare. Qualsiasi giocatore che arriva alla Juventus, se può dare otto, alla fine riesce a fare nove».

I SUOI CAMPIONI
«Tevez era un leader silenzioso, ma quando parlava, le sue parole dentro lo spogliatoio erano sempre pesanti. Ibra è un campione straordinario, il problema è che ogni tanto pretendeva che i suoi compagni riuscissero a fare le cose che faceva lui. Io gli dicevo che era impossibile, che molte cose che faceva lui gli altri nemmeno potevano pensarle. Inzaghi? Un giocatore micidiale: quando arrivava la Champions, lui faceva sempre gol».

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