Dove la Juve punta al record delle undici vittorie consecutive.
«ll calcio è imprevedibile, ma fermare la corsa della Juve, anche in una singola partita, sarà impresa ardua».
Il solco creato dai bianconeri in campionato è colmabile?
«Ai miei tempi, quando la serie A era il campionato più bello al mondo e in Italia si parlava delle 7 sorelle, avrei risposto di sì, ora invece mi sembra difficile».
Perché la Juve è regina in Italia, ma rimane in cerca di se stessa in Europa?
«Il primo fattore è la competitività della serie A, ridotta rispetto a Premier League e Bundesliga: la miglior preparazione per la Champions League arriva dal confronto con squadre forti nel campionato nazionale. Da questo punto di vista le tedesche e le inglesi sono avvantaggiate».
In quale direzione deve muoversi il sistema calcio in Italia per recuperare sulla concorrenza?
«Innanzitutto rendere nuovamente appetibile l’evento sportivo. L’atmosfera che si respira attorno a una partita è fondamentale: serve più partecipazione, più positività, più entusiasmo. E poi mi piacerebbe si puntasse di più sui giovani. Non avendo il potere finanziario di club come Psg, Chelsea o Manchester City, le società di casa nostra devono tornare a crescere e soprattutto far giocare i giovani di qualità. Se non si possono comperare i campioni, allora che vengano costruiti in casa. Il percorso è lungo e serve un bel bagno d’umiltà, perché i risultati non arrivano nell’immediato. Però in Germania, dopo aver seminato, ora raccolgono i frutti del percorso intrapreso una decina di anni fa».
In proposito, al Sant’Elia ci saranno appena 5 mila spettatori.
«Uno stadio pieno di tifosi e che trasuda passione fa la differenza. Non è così che si può riaccendere l’entusiasmo, basilare per il rilancio del calcio italiano. Di buono, per il Cagliari, c’è l’abitudine a giocare in queste condizioni».
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