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Inter, il demone Inzaghi ora diventato capro espiatorio del fallimento di una stagione

Il metodo della propaganda che cambia a seconda del colore che si decide di indossare...

L’imbarazzante finale dominata dal Psg con il conseguente addio di Inzaghi all’Inter, chiude la stagione permettendoci così di operare alcuni considerazioni sulla Champions e avere alcune inequivocabili conferme sullo stato del racconto del nostro calcio. Per cominciare: chissà se pian piano a qualcuno sta venendo il sospetto che vincere Scudetto e Coppa Italia per poi perdere la finale di Champions contro i Real e Barcellona più forti di sempre non è esattamente un fallimento, come raccontatoci più volti dai geniali fautori del “fino al confine”. I cori puerili e le sciocche battute non tanto dei tifosi, quanto di diversi attuali o ex giocatori nerazzurri sulle finali perse dalla Juve, peraltro già vincitrice di due titoli in quelle stagioni, lasciano spazio all’odierno apprezzamento per il percorso, all'ammirazione per essere rimasti in campo per la premiazione dei rivali, all’improvvisa difficoltà di portare avanti tre competizioni contemporaneamente, alla “stagione incredibile” anche di fronte alla mirabolante impresa di vincere 0 titoli con la squadra più forte d’Italia e dopo avere la finale nel modo più umiliante che si ricordi.

Come rendere l'umiliazione più sopportabile

La memorabile e un filo tardiva rivalutazione del percorso rispetto al successo finale in ogni singola competizione forse non serve a rivalutare le tanti finali perse dalla Juve, da sempre oggetto di giudizi ultraseveri e derisioni sguaiate, ma di certo chiarisce per l’ennesima volta come il racconto cambi, anzi venga rovesciato, a seconda delle squadre coinvolte. Mentre il Psg giorno dopo giorno sta diventando la squadra più forte di sempre, per rendere più sopportabile la leggendaria batosta subita in finale, e mentre i vari Lautaro, Barella, Bastoni, Thuram, Calhanoglu, Dimarco, l’indomabile Acerbi e il valoroso Dumfries passano in poche ore da eroi da Pallone d’Oro a onesti pedatori costati poco o niente e quindi inevitabilmente seppelliti di reti dai ricchissimi e arroganti francesi (fino a ieri descritti in prima fila nel difendere il calcio del popolo contro la turpe Superlega, in uno dei tanti cortocircuiti dei nostri impavidi media), la mutazione più sconvolgente riguarda il povero Simone Inzaghi.

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