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Bancarotta Suning, Oaktree ha una priorità: il quadro dei debiti Inter

Bilancio verso l’utile, però pesa l’indebitamento: il pareggio non è più un miraggio e i nerazzurri virtualmente lo hanno raggiunto

MILANO - Il pareggio di bilancio non è più un miraggio. Anzi, l’Inter lo ha virtualmente raggiunto nell’ultimo esercizio, chiuso con perdite di poco inferiori a 36 milioni di euro: più di quanto il club nerazzurro versi di interessi annuali - nel 2023/24 si è arrivati a 29,5 milioni - per ripagare il bond da 415 milioni emesso a febbraio 2022 e in scadenza nel 2027. Il prestito obbligazionario, peraltro leggermente ridotto con il riacquisto di una quota da 15 milioni, resta il macigno che grava sui conti. Ma il contesto è notevolmente migliorato negli anni: un percorso inimmaginabile, per esempio, al termine dell’esercizio 2020/21, chiuso con un passivo record da quasi 246 milioni. L’era Suning, nel frattempo travolto dalla crisi finanziaria che ha portato tre holding riconducibili a Zhang Jindong a dichiarare bancarotta, è ormai alle spalle. Quella di Oaktree, che di fatto garantiva la continuità aziendale dell’Inter già dalla sottoscrizione - nel 2021 - del prestito da 275 milioni che ha portato il fondo americano a diventarne proprietario alla fine dello scorso campionato, è iniziata da tempo e fa vedere i suoi effetti. La domanda è quanto durerà: l’investimento del fondo ha una naturale data di scadenza nel medio periodo, ma non prima di aver consolidato il risanamento dei conti e avviato, se non concluso, il processo che porterà l’Inter ad avere uno stadio di proprietà, magari condiviso con il Milan.

Inter, la priorità di Oaktree è lo stadio di proprietà

Questo è un passaggio prioritario per Oaktree: si avranno aggiornamenti decisivi entro febbraio-marzo, quando i due club presenteranno al Comune di Milano il piano economico-finanziario per l’acquisizione dell’area San Siro. Quanto ai conti, il percorso virtuoso potrebbe portare l’Inter a rivedere, alla fine del prossimo esercizio, la luce di un bilancio in utile. L’ultimo, del resto, è stato il primo (dal 2018) chiuso con un risultato operativo netto - la differenza tra ricavi e costi, senza tasse e altri oneri - positivo. L’unico record, oggi, è il fatturato da 473,2 milioni, con costi stabili a 464,3 milioni: il culmine di una crescita che negli ultimi vent’anni ha portato i ricavi ad aumentare del 142%, con una crescita media del 4,5%. A spingerla, di recente, i risultati sportivi della squadra allenata da Simone Inzaghi e l’operato della dirigenza, che fra le altre cose hanno portato a registrare quasi 66 milioni di plusvalenze nell’ultimo bilancio, ma anche l’aumento dei ricavi da sponsor. Giocano la loro parte anche la riduzione dei costi derivante dalle strategie societarie e imposta dalle nuove regole Uefa - l’Inter è già sotto la soglia massima del 70% nel rapporto tra ricavi e costi della squadra, che andrà a regime dal 2025/26 -, nonché gli introiti derivanti dalle partecipazioni alle competizioni internazionali. Che fanno ben sperare anche per il futuro, grazie al boom derivante dalla nuova Champions e ai nuovi incassi - ancora non chiarissimi - del mondiale per club.

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