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Inter, il tesoro della Nord dietro l'omicidio. E il racket parcheggi continua

Minacce e intimidazioni fino ad uccidere: mentre il club va in Procura spuntano i soldi del merchandising della Curva. E gli abusivi continuano indisturbati a guadagnare centinaia di migliaia di euro

Il tesoro del negozio della Nord

Silenzi e Daspo. La giornata di ieri si è sviluppata su due binari per quanto concerne l’avanzamento dell’inchiesta scattata lunedì che ha portato alla custodia cautelare di 19 capi ultras. Per quanto concerne gli interrogatori già iniziati nella giornata di mercoledì con i silenzi di, fra gli altri, Francesco Lucci e Andrea Beretta (accusato dell'omicidio dell'esponente della 'ndrangheta Antonio Bellocco, ultras nerazzurro), ieri è stato il turno dei leader delle due Curve, Luca Lucci, capo della Sud, e Marco Ferdico della Nord. Entrambi si sono avvalsi della facoltà di non rispondere alle domande del gip Domenico Santoro. E la stessa linea è stata tenuta anche dagli altri tre interrogati, ovvero Mauro Nepi, Francesco Intagliata e Matteo Norrito.

Oggi sono previsti i colloqui degli ultimi tre ultras in carcere, così come delle tre persone ai domiciliari. Nel frattempo, però, è stata quasi tutta notificata la prima tranche di Daspo emessi dal questore di Milano, Bruno Megale, in relazione ovviamente alla stessa inchiesta della Procura milanese. Si tratta di ventiquattro Daspo tra i 3 e i 10 anni - dati ai fratelli Lucci e Beretta, per esempio -, a cui dovrebbero seguire decine di altri provvedimenti in tempi relativamente brevi. Per altro hanno un Daspo, e dunque non potranno entrare allo stadio per seguire le partite, anche due dei tre eletti del nuovo direttivo della Curva Nord scelti nella riunione andata in scena ieri presso il Baretto di San Siro. Si tratta di Nino Ciccarelli, storica figura della Nord, Gianni Borriello (detto “Gianni Fish”) e Ivan Luraschi. I primi due erano già presenti nell’ultimo direttivo. Per altro, restando in ambito Curva Nord, in un'integrazione della richiesta di misura nell'inchiesta sugli ultras datata 16 settembre, si legge come Ferdico e Bellocco volevano estromettere Beretta da uno dei precedenti direttivi e appropriarsi «del merchandising della Curva Nord, fonte di reddito per lui con il negozio "We Are Milano"». Il 23 luglio, come raccontato dallo stesso Beretta e ricostruito dagli investigatori, fu convocato a casa di Bellocco a Pioltello (Milano) e nei box incontrò due emissari dello stesso clan Bellocco, che gli avrebbero rivolto «concrete intimidazioni». L'ormai ex capo ultrà ha messo a verbale di essere scampato a più «tentativi di portare a termine il suo omicidio» e che «doveva essere colpito con arma da fuoco e sotterrato». Beretta però anticipò il rivale, uccidendolo il 4 settembre a Cernusco sul Naviglio (Milano).

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