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Atalanta, da Domenghini, Scirea e Percassi a Scalvini: sessant’anni di Eldorado della gioventù

La straordinaria storia del vivaio nerazzurro, linfa vitale di un modello unico di valorizzazione dei talenti e di grandi scopritori di talenti: Brolis, Previtali, Favini, Costanzi, ora Samaden

Zingonia, il fiore all’occhiello e il primo segreto, fucina di campioni in erba e milionaria fonte d’incassi. Il filo è invisibile, ma è di puro acciaio nero e azzurro. Sono sessant'anni che lega indissolubilmente i campioni cresciuti nell'Atalanta e le sue fortune di mercato. L'elenco dei calciatori sbocciati nel vivaio e approdati alla ribalta professionistica è impressionante: da Piero Gardoni che alzò la storica Coppa Italia del '63 a Pier Luigi Pizzaballa e Angelo Domenghini; da Gaetano Scirea a Giorgio Scalvini passando per Antonio Percassi, Adelio Moro, Beppe Savoldi, Gianluigi 'Titti' Savoldi, Giovanni Vavassori, Eugenio Perico, Roberto Donadoni, Gianpaolo Bellini, Domenico Morfeo, Marco Pacione, Pierluigi Orlandini, Gianluigi Titti Savoldi, Ivan Pelizzoli, Giacomo Bonaventura, Riccardo Montolivo, Giampaolo Pazzini, Manolo Gabbiadini, Federico Pisani, Piermario Morosini, Alessio Tacchinardi, Andrea Consigli, Marco Sportiello, Davide Zappacosta. E qui ci fermiamo perché Transfermarkt, benemerito e specializzato sito che brilla in materia, ne ha contati 209, allineandoli in primis sulla base delle rispettive presenze in campionato. C'è di più. Ci sono Barrow, Bastoni, Caldara, Conti, Diallo, Gagliardini, Grassi, Kessie, Kulusevski: fra prezzi del cartellino e bonus, il calcolo per difetto quantifica in circa 230 milioni di euro gli introiti derivati dalle cessioni di soli giocatori cresciuti a Zingonia, limitandoci all'Età dell'Oro Percassiana. Sul campo è cominciata nel 2016 con l'avvento di Gasperini in panchina (tre terzi posti, un quarto, un quinto, un settimo e un ottavo posto; due finali di Coppa Italia; un quarto di finale di Champions League e un quarto di finale in Europa League, sei qualificazioni a una coppa europea in sette stagioni). Il vivaio è la linfa vitale del club che, nonostante la pandemia, si è lasciato alle spalle sei utili consecutivi di bilancio, acquistando lo stadio nel 2017 e investendo circa 60 milioni di euro in 13 anni nel centro sportivo Achille e Cesare Bortolotti. Una linea verde corroborata dalle cessioni ex post 2016 degli altri calciatori che nell'Atalanta non sono cresciuti, ma dall'Atalanta sono stati valorizzati. Fra i più importanti, sempre citando Transfermarkt: Romero al Tottenham per 50 milioni; Gosens all'Inter per 27,40 milioni; Castagne al Leicester per 25 milioni; Cristante alla Roma per 21 milioni; Mancini alla Roma per 21 milioni; Malinovskyi al Marsiglia per 13 milioni, Petagna alla Spal, per 12 milioni; Pessina al Monza per 12 milioni; Freuler al Nottingham Forest per 10 milioni; Ibanez alla Roma per 9 milioni.

Brolis, Previtali, Favini

L'eldorado atalantino è ubicato 14 chilometri a Sud di Bergamo, in località Zingonia, divisa fra i comuni di Verdellino, Ciserano, Osio Sotto, Verdello e Boltiere. Nel 1977, Achille Bortolotti, quattordicesimo presidente della società, acquista i terreni dall'imprenditore Renzo Zingone che negli Anni Sessanta aveva chiesto all'architetto Franco Negri di progettare una "città dei lavoratori". Inizialmente, il centro viene intitolato a Piero Bortolotti, fratello di Achille; dopo la scomparsa di quest'ultimo e del figlio Cesare, a sua volta presidente dall'80 al '90, quando muore in un tragico incidente stradale, prende il nome di Achille e Cesare Bortolotti, in onore di due uomini che appartengono alla storia della Dea. Un anno prima dell'acquisto di Zingonia, il direttore sportivo Giuseppe Brolis lascia l'Atalanta per passare alla Juve dove rimane per tre stagioni; Perugia, Brescia e Piacenza saranno le tappe successive della carriera. Laureato in Economia alla Cattolica, dirigente delle Acciaierie Dalmine, Brolis scopre Pizzaballa, Domenghini, Scirea, Beppe Savoldi, Adelio Moro, porta in nerazzurro Cabrini e Prandelli dalla Cremonese. Storicamente, è Brolis, scomparso nel 2005 all'età di 82 anni, il primo rabdomante di talenti dell'Atalanta, nella stessa misura in cui brilla Franco Previtali, un altro grande dirigente con il fiuto per i veri calciatori. Poi arriva il tempo di Fermo Mino Favini, leggenda dei vivai italiani, spentosi nel 2019, a 84 anni. Il 4 giugno 2010, quando Antonio Percassi rimette piede a Zingonia per la seconda volta, la prima cosa che fa è confermare il signore di Meda (che nel giugno scorso gli ha intitolato il suo stadio). Il presidente è un autentico Figlio di Zingonia, così i tifosi chiamano i giocatori cresciuti nel settore giovanile, là dove ha mosso i primi passi anche Luca, oggi amministratore delegato. Percassi senior conosce il valore immenso di Favini. Sin dai tempi in cui, grazie a lui, il Como era diventato un'inesauribile fabbrica dei talenti. Nomi? Vierchowod, Fusi, Maccoppi, Enrico Annoni, Paolo Annoni, Invernizzi, Galia, Simone, Pedone, Notaristefano, Andrea Fortunato De Ascentis, Luigi Sala, Borgonovo, Fontolan, Todesco, Giacomo Gattuso, Garlini, Simone Braglia, Bosaglia, Didoné, Scanziani, Matteoli, Zambrotta. Il Mago di Meda guida il settore giovanile atalantino fino alla soglia degli 80 anni. Sono in molti a essergli grati. Nomi? Morfeo, Tacchinardi, Donati, Zauri, i gemelli Cristian e Damiano Zenoni, Montolivo, Pazzini, Rolando Bianchi, Padoin, Pinardi, Pelizzoli, Zappacosta, Caldara, Kessie, Gagliardini, Conti. Alla scuola di Mino, come tecnico si forma Prandelli, futuro ct dell'Italia vicecampione d'Europa nel 2012. Il primo luglio, in tribuna a Kijv per la finale con la Spagna, Favini siede quale ospite d'onore di Cesare.

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