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Tencone: Muscoli a rischio, turnover scientifico Serie A

LaPresse

L'ex responsabile del settore medico bianconero, oggi direttore di Isokinetik Torino, sulle partite ravvicinate e su cosa fare per ridurre al minimo i problemi fisici

Professor Fabrizio Tencone: direttore di Isokinetik Torino, specialista di Medicina Sportiva e per anni in passato responsabile del settore medico bianconero. Ci aiuti a capire. Una squadra come la Juventus potrebbe dover giocare, nel migliore dei casi, circa venti partite in meno di 80 giorni. Questi ritmi comportano dei rischi per i calciatori dal punto di vista fisico e atletico? «I rischi principali, naturalmente, sono gli infortuni sportivi. E nello specifico le lesioni muscolari. Basti dire che, considerando una stagione normale, nella top-5 degli infortuni calcistici ne figurano statisticamente quattro di tipologia muscolare (coscia anteriore e posteriore, polpaccio e adduttore). E poi c’è la distorsione della caviglia, che fa capolino. Giocando a ritmi ancora più serrati, in un finale di stagione eccezionale come quello che si prospetta, evidentemente l’incidenza di questo tipo di infortunio può aumentare ulteriormente. C’è un recente lavoro scientifico pubblicato dal gruppo della Uefa che lo dimostra in maniera chiara: l’analisi di circa 130mila partite giocate dagli stessi giocatori scesi in campo negli ultimi 10 anni ha evidenziato che quando tra una partita e l’altra intercorrono tre o meno di tre giorni di riposo (ad esempio un match di domenica e uno di giovedì) il rischio di infortuni muscolari aumenta almeno del 20 per cento. Quanto agli altri infortuni, come quelle articolari, è tutto da vedere. Ma teniamo presente una cosa: l’incidenza, la frequenza degli infortuni si calcola per ore di calcio giocato, in allenamento o in partita. E’ chiaro che più accumuli ore in un tempo ridotto, più ti esponi al rischio. Il termine tecnico è proprio questo: ore di esposizione al rischio».

Le contromisure e gli accorgimenti da adottare quali sono?
«La prima contromisura è far girare la squadra, usare il turnover: fare in modo che gli atleti giochino con una frequenza quasi normale. Anche perché se l’allenatore non farà turnover per scelta, lo dovrà poi fare a causa degli infortuni. Magari anche non gravi, per carità: un affaticamento, un crampo, una contrattura. Ma meglio tenerli fuori prima, no? Inoltre saranno fondamentali l’alimentazione e lo stile di vita. E sarà decisiva la prevenzione da fare a fine allenamento, durante il cosiddetto “cool down”: borsa del ghiaccio, crioterapia. Fa parte della strategia di recupero. Molti dedicano già molto tempo, per abitudine, a questo aspetto: ma ora servirà ancora di più. E poi le basi: dormire bene, alimentarsi e bere bene, monitorare la fatica».

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