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Lukic, 'ciao ciao' Torino: "Ho grandi ambizioni"

Il centrocampista parla dal ritiro della Serbia: il futuro sembra segnato e non ha tinte granata

TORINO - Il divorzio era nell'aria dalla vigilia di campionato, quando al posto di salire sul pullman verso Monza si è ammutinato. Sasa Lukic, così, ha perso la fascia di capitano e un pochino anche la faccia. Poi, è stato riammesso in campo da Ivan Juric e ha promesso di dare tutto per il Toro fino alla fine. Ma con la società la trattativa per il rinnovo del contratto è in stallo e quindi resta l'unica soluzione: la cessione. Lo ha fatto capire anche lui dal ritiro della Serbia, in questi giorni di vigilia mondiale verso il debutto in Qatar. Le sue parole a Sportal: «Ho grandi ambizioni, sono sicuro che arriverò dove mi ero prefissato - a giocare la Champions League, ndr -, vedremo se sarà dopo #Qatar2022 o in estate».

Lukic-Vlahovic, derby nella Serbia

Cairo non alza la posta, Juric non si fascia la testa

Eccole le due strade: via nel mercato invernale, al miglior offerente. O in estate, ma con una difficile convivenza in squadra, anche se la promessa di onorare la maglia c'è e ci marcherebbe. Chi era Lukic prima del Torino? I tifosi certo non si fasceranno la testa: lo hanno esaltato, acclamandolo come uomo guida e degno della fascia. Lui, per ripagarli, ha saltato la prima di Serie A motivandola con la mancata definizione del rinnovo con adeguamento dello stipendio (quello che sta trattando il portiere Vanja Milinkovic Savic, ad esempio).

Torino, la strada per Lukic è tracciata

Per carità, il club aveva le sue colpe, gli aveva detto che il suo status sarebbe stato aggiornato. Invece, è passata l'estate e il centrocampista ha reagito in malo modo, poco rispettoso di compagni e sostenitori. Adesso, con la vetrina al Mondiale anche il Toro potrà guadagnarci: soldi, soldi, soldi. Sempre che una pretendente si palesi e faccia l'offerta corona, quindi. Poi sarà addio. Ciao Ciao Lukic. E sotto con un altro.

Io, Lukic, non cambierò mai

«Cerco di rimanere sempre lo stesso, com'ero quando ho iniziato, quando non ero ancora nessuno. Non cambierò mai, garantito! Anche se sono in un club più importante, rimarrò lo stesso Sasa Lukic. E’ una cosa che mi è stata insegnata dalla mia famiglia e questo mi guida nella vita. Il mio ruolo? Mi piace questa posizione in mezzo. Anche se non scelgo (sceglie Juric, ndr). La tripletta in maglia Toro non arrivava dal 1950? Quella performance è stata raggiunta due anni fa. Sono l'unico straniero che lo ha fatto. Certo, sono contento che l'abbiano messo in evidenza in un punto visibile dello stadio, quindi un giorno quando me ne andrò ci sarà questo ricordo».

Lukic, Torino e la Serbia

«Torino è una città bellissima, una piccola città, ma con una popolazione di quasi un milione di persone. Ci sono molte persone provenienti dai Balcani, quindi mi sento davvero a mio agio. Il mare è vicino, le montagne sono vicine. E’ tutto fantastico».

Lukic, Vanja Milinkovic Savic, Radonjic

«Qui ci sono Vanja Milenkovic Savic e Nemanja Radonjic. È più facile quando siamo insieme, logicamente. Sono stato a lungo circondato da miei connazionali, prima c'erano Ljajic, Maksimovic e l'allenatore Mihajlovic. Ora ci sono Vanja e Nemanja. È più facile per ognuno di noi potendo contare l'un l'altro. Sicuramente anche loro si sentono così. Ci vediamo anche fuori dal campo, passiamo intere giornate insieme. Succede anche che ci annoiamo e allora poi scappiamo ognuno a casa propria».

Il derby Juventus-Torino con Vlahovic e Kostic

«È difficile per noi coordinarci. Ad esempio, noi ci alleniamo al mattino e loro al pomeriggio. Poi loro giocavano la Champions League il martedì o il mercoledì e giocheranno l'Europa League il giovedì. E nel weekend si gioca in campionato alle volte in giorni differenti. Quindi, per noi è impossibile vederci tutti insieme, ma le occasioni ci sono state a inizio stagione e l'ultima volta quando ci ha fatto visita il tecnico Stojkovic. Il mister ha visto prima la partita Torino-Juventus, poi noi. Già prima della partita aveva detto che Duci avrebbe segnato, così noi tre del Torino a cena ce l'avevamo con lui, perché quel gol lo aveva chiamato... Uno, scherzo eh. Anche i compagni ci capiscono, soprattutto quando sfugge qualche parolaccia...».

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