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Alberto Costa, svolta Tudor e critica a Motta: “Scelte sue, ora idee diverse”

Da oggetto misterioso a titolare Juve, l’intervista al portoghese: “Il Mondiale ci stuzzica, in tornei così può succedere qualsiasi cosa”

Per mesi non è stato che un sussurro. Un nome pronunciato a bassa voce, perso in fondo alle distinte e ripetuto - con una punta di ironia - da quei tifosi bianconeri che si domandavano chi fosse davvero. Dodici milioni e mezzo versati al Vitória Guimarães, per aggiungere una presenza silenziosa a una panchina che cercava soluzioni “pronte all’uso”. Motta prima, Tudor poi: lo osservavano, ma lo lasciavano ai margini. Qualche riscaldamento distratto prima di tornare a sedersi tra i compagni, con lo sguardo di chi è abituato ad aspettare senza chiedere. Poi la chance tanto attesa, contro la Lazio, dove si è trovato ad esordire dal primo in un ruolo che non aveva mai fatto prima: quello di braccetto nella difesa a tre. Da quel momento, il tecnico croato non ci ha mai più rinunciato, affidandogli una fascia che il portoghese ha dimostrato di saper incendiare.  

Alberto Costa, a italiano come siamo messi? Ha fatto progressi negli ultimi mesi? 
«Lo sto studiando: per ora lo capisco abbastanza bene, ma fatico a formulare frasi, ecco. Infatti con il mister ogni tanto capita di discutere in inglese. Spero di impararlo bene nel corso della prossima stagione». 
 
Dal suo arrivo in bianconero, chi è che l’ha aiutata di più ad ambientarsi? 
«Su tutti, direi Chico Conceiçao, Douglas Luiz e Bremer, per un discorso di lingua. Ma in generale tutta la squadra è stata disponibile con me. Siamo un gruppo unito. Ci aiutiamo a vicenda dentro e fuori dal campo. Sono orgoglioso di poter fare parte di questo club». 
 
Torino le piace? Cosa fa nel tempo libero? 
«Mi sono trasferito lì con la mia ragazza. Niente di speciale: giriamo insieme in giro per la città, che mi piace tantissimo». 
 
Mi racconta come ha vissuto questi primi sei mesi di Juve? Ci chiedevamo tutti il perché non la facessero giocare mai. 
«Ovviamente all’inizio non è stato semplice, ma l’appoggio dei miei compagni e di tutto l’universo juventino non è mai mancato. Mi hanno dato la forza per continuare a lavorare. C’era bisogno di un po’ di tempo prima che potessi ambientarmi: sapevo che prima o poi mi sarei potuto giocare le mie carte. E allora mi allenavo intensamente, ogni giorno, con l’obiettivo di farmi trovare pronto». 

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