INVIATO A PHILADELPHIA - Nel calcio, come nella vita, c’è un filo sottile, quasi invisibile, che lega il silenzio dei momenti più bui al boato di una rinascita. Koop lo conosce bene, del resto il suo primo anno alla Juventus - almeno per ora - assomiglia a un libro strappato: tante pagine incomplete, pochi capitoli veri e un finale ancora tutto da scoprire. Eppure lui non ha mai cercato scuse o sollevato polemiche esistenziali. Si è curato nell’ombra, in silenzio, guardando dai finestrini della Continassa i compagni di squadra correre liberi verso la qualificazione in Champions League, mentre lui faceva i conti con l’ennesimo stop stagionale. I fischi ricevuti l’hanno ferito, ma dalle sue parole traspare una parvenza di quella freschezza dimenticata. Una voglia smisurata e palpabile di riguadagnarsi tutto: la forma, il sorriso e, soprattutto, il tempo perduto… Per lui il Mondiale per Club rappresenta questo: il banco di prova ideale per dimostrare - a se stesso e ai tifosi - il perché la Juventus abbia deciso di puntare su di lui per costruire il centrocampo del futuro...
Teun Koopmeiners, come sta?
«Non sono ancora al 100%. Ma sto decisamente meglio, grazie».
Com’è stato vedere da fuori i suoi compagni giocarsi il tutto per tutto in campo per la qualificazione in Champions e non potergli dare una mano?
«Molto difficile: sono rimasto fuori tre mesi per via del mio infortunio. Il tendine mi dà ancora qualche fastidio, infatti sto parlando tanto con il mister».