Per anni si è parlato dell’America, e in particolare dell'Mls, come un cimitero degli elefanti. La meta perfetta - a livello di ritmo e intensità - per i grandi campioni consacratisi in Europa, costretti a fare i conti con l’ineluttabilità del tempo. Eppure, negli ultimi anni, il valore del campionato americano è cresciuto a dismisura, attirando persino giovani talenti nel mirino dei big club europei.
Giuseppe Rossi, con il Mondiale per Club ormai al via, ci racconti che calcio si respira oggi negli Stati Uniti...
«Il sistema calcio americano ha fatto dei grossi passi in avanti a livello di crescita di talenti: ne vediamo sempre di più in Europa, soprattutto nelle grandi squadre. E, paradossalmente, è proprio questo il problema: il fatto che giocatori di livello assoluto come Christian Pulisic, che si è formato in America, siano costretti a lasciare il Paese per fare strada nel mondo del calcio. A me, in fondo, è successa la stessa cosa: per realizzarmi ho dovuto lasciare i NJ Stallions e trasferirmi a Parma. Se vuoi crescere a livello federale, non puoi permetterti che i prodotti dei tuoi vivai se ne vadano via così. Devi metterli nelle condizioni di restare a giocare in Mls».
Lei è nato e cresciuto nel New Jersey: cosa l’ha spinta ad avvicinarsi ad uno sport all’epoca non così popolare negli Stati Uniti?
«È stato mio padre a trasmettermi la passione per il calcio. Da piccolo, infatti, ero un gran tifoso del Milan, come papà, che tra l’altro è stato anche il mio primo allenatore, fi no ai 12 anni. Una fortuna per me: mi ha aiutato tantissimo».