L’Inter ha annunciato ufficialmente l’avvio di una nuova operazione di rifinanziamento del proprio debito, con il rimborso anticipato del bond da 415 milioni di euro (attualmente in carico per circa 412 milioni), inizialmente in scadenza a febbraio 2027. Un passo decisivo che non nasce da una scelta strategica “di crescita”, ma da una necessità regolamentare e finanziaria: senza questo intervento, i nerazzurri rischiavano di non potersi iscrivere al campionato 2026/27. Ecco perché.
La genesi del bond: da Thohir a Oaktree
L’operazione ha radici lontane. Tutto parte nel 2015, quando Erick Thohir, per svincolare le garanzie precedentemente date da Massimo Moratti, ottenne un finanziamento da 230 milioni di euro da Goldman Sachs e UniCredit. Quel debito era garantito dai flussi di cassa di Inter Media and Communication, la controllata che gestisce i proventi da diritti TV e sponsorizzazioni. Con il passaggio della proprietà a Suning, su cui Report ha fatto anche un'inchiesta, nel 2017 si decise di rifinanziare quel debito tramite l’emissione di un bond da 300 milioni di euro, scadenza 2022. Arrivato il momento di ripagare quel bond, l’Inter ne emette un secondo nel 2022, questa volta da 415 milioni, al tasso d’interesse del 6,75% e con scadenza febbraio 2027. Questo secondo bond è quello che ora viene rimborsato anticipatamente. Un’operazione che, per essere completata, è subordinata al buon esito di un nuovo finanziamento, i cui proventi verranno utilizzati per saldare l’importo.