L’Italia deve tornare a ringhiare. Il titolo viene da sè, essendo Rino Gattuso in pole position per la panchina azzurra. Lui, a differenza di Claudio Ranieri (che, tastata la freddezza dei Friedkin non se l’è sentita di dire sì a Gravina e di prendersi sulle spalle le inevitabili polemiche sul doppio ruolo), è un uomo libero e accetterebbe di buon grado la proposta della Federcalcio. Ieri ci sono già stati i primi contatti esplorativi e Ringhio, fresco di risoluzione di contratto con l’Hajduk Spalato, si sente davanti a Fabio Cannavaro e a Daniele de Rossi, gli altri nomi sul taccuino federale.
Il ct più strutturato
Gattuso possiede un curriculum più strutturato in panchina e risponde in pieno alle caratteristiche del prescelto: più che un “giochista”, la Federcalcio cerca un motivatore, un allenatore che possa - per dirla alla Buffon - riaccendere il fuoco nel gruppo. Il mandato sarebbe strettamente legato alla qualificazione mondiale, anche perché un ulteriore fallimento porterebbe all’azzeramento dei vertici federali. Inutile pensare a progettare: il nuovo ct - a meno di suicidi da parte dei norvegesi - avrà le restanti partite di qualificazione per preparare il doppio spareggio di marzo che sarà sempre diviso in due sfide secche ma, visto l’allargamento della platea di squadre al Mondiale, il roster dovrebbe essere relativamente abbordabile (argomento da prendere con le molle da chi è stato eliminato dalla Macedonia del Nord ma, in caso di vittoria a Palermo, nel 2022 saremmo stati attesi dalla “finalissima” in Portogallo).
Il nuovo ct - visti gli identikit monitorati, un erede di Marcello Lippi - dovrà portarci al Mondiale e solo una volta disputata la Coppa del mondo si parlerà di futuro. Inutile sottolineare come i piani fossero altri, ma la Federcalcio è stata presa prima in contropiede dal crollo di Spalletti, quindi dal no - del tutto inatteso - di Ranieri.