Ultimi venti minuti sul palco di Solomeo, dove sono stati lanciati i nomi dei cento candidati al prossimo Golden Boy: un magnifico allenatore, Brunello Cucinelli, manda tutti campo e sul palco si schierano Fabio Cannavaro, Gigi Buffon, Bobo Vieri e Ciro Ferrara. Quattro fenomeni che per elencare il palmares servono dieci schermate di wikipedia, quattro persone eccezionali e divertenti che iniziano a intervistarsi da sole e, ridendo, dicono cose serissime sul calcio italiano. In una parola: impagabile. Due campioni del mondo e due fuoriclasse che ragionavano insieme, mettendo tutta la loro passione e la loro esperienza, senza filtri, con naturalezza. Pane al pane, vino al vino (che da queste parti sono eccellenti entrambi).
"Giochiamo all'italiana!"
L’Italia del calcio non deve tradire il suo Dna in campo, scimiottando la Spagna o inseguendo le mode. "Siamo italiani, giochiamo all’italiana!". Piuttosto, se proprio dobbiamo copiare qualcosa all’estero, imitiamo la capacità di costruire stadi moderni. E poi, soprattutto, scopriamo e riscopriamo dei bravi allenatori nelle scuole calcio e nelle giovanili, che insegnino i fondamentali, che educhino alla tecnica e non ubriachino di tattica dei ragazzini. Si chiama gioco del calcio, che resti tale, almeno fino a che non si fa sul serio ("La prima tattica, io, l’ho imparata a 23 anni", dice Fabio Cannavaro, campione del mondo e Pallone d’Oro). Una forte provocazione è partita dal teatro Cucinelli, uno spunto per un dibattito o, meglio, per una riflessione generale.