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Guardiola e la mossa a sorpresa del City: dalla svolta epocale al tribunale

Chi è Mansour bin Zayed Al Nahyan della famiglia reale di Abu Dhabi: ha un patrimonio stimato in 1,2 trilioni di dollari e governa gli Emirati Arabi Uniti

Il suo reame (calcistico) può essere paragonato a quello del maestoso sovrano rinascimentale Carlo V d’Asburgo, “Kaiser” del Sacro Romano Impero Germanico e re di Spagna, sul cui regno non tramontava mai il sole. Quello del 54enne Sceicco Mansour bin Zayed Al Nahyan, “patron” del Manchester City, è un dominio planetario che spazia dall’Europa all’Asia e dalle Americhe all’Oceania. Il suo progetto è più che ambizioso, come del resto si conviene a un principe la cui famiglia reale (quella di Abu Dhabi che governa gli Emirati Arabi Uniti) vanta uno spaventoso patrimonio stimato in 1,2 trilioni di dollari. È la galassia del cosiddetto “City Football Group”: una “holding” fondata per controllare società di calcio nei vari Continenti. La prima acquisizione, la più importante, fu appunto quella del Manchester City nel 2008. Rilevò il sodalizio biancoceleste per 240 milioni di euro dall’ex primo ministro thailandese Thaksin Shinawatra, deposto da un colpo di Stato. Una “entrée” avvenuta dalla porta principale del calcio europeo, in un club militante in Premier League che per anni aveva sofferto la presenza nella stessa città dei “cugini” vincenti dello United e che in ben tre occasioni (1983, ’87 e ’98) aveva addirittura conosciuto l’onta della retrocessione in Serie C.

Una svola epocale

Ed è stata subito svolta epocale, una strambata impressionante. Perché in questi primi 16 anni di gestione araba sono arrivate, a cascata, 8 Premier League (le ultime 4 consecutive), 6 Coppe di Lega, 4 Community Shield, 3 FA Cup e soprattutto, nel giugno ’23, l’agognata Champions League con i conseguenti trionfi anche nella Supercoppa Uefa e nel Mondiale Club. Sin dall’approdo all’Etihad Stadium (fino al 2011 si chiamava ancora City of Manchester) lo sceicco Mansour ha subito dato carta bianca al suo subalterno Khaldoon Al Mubarak, promosso presidente del club, d’investire ingenti somme di denaro per rilanciare il club e portarlo ai massimi livelli. Sono arrivati grandi giocatori quasi tutti stranieri (da Robinho ad Agüero, da Tévez a Sané, da Yaya Touré a Dzeko, da Jovetic a Nasri, da Gündogan a De Bruyne, da Kompany a Kolarov, da David Silva a Bernardo Silva, da Ederson a Mahrez, da Gabriel Jesus a Ortega, da Akanji ad Aké, da Rodri a Cancelo, da Rúben Dias a Ferran Torres, da Gvardiol a Doku, da Matheus Nunes a Kovacic, da Haaland a Savinho, ecc.) e altrettanto celebri allenatori (Mancini, Pellegrini, Guardiola). Ma anche, attualmente, tre nazionali inglesi vicecampioni d’Europa a Berlino (Foden, Walker, Stones) più il talento ondivago Grealish. Stasera quest’autentica corazzata del calcio mondiale, diciamo pure una portaerei, sarà di scena a Torino. Una sfida-chiave per cercare di entrare nelle prime otto di una classifica equilibratissima che vede sia gli “Sky Blues” che i bianconeri appaiati a quota 8: a due soli punti di ritardo dalla promozione diretta agli ottavi di finale ma anche a soli due di vantaggio su chi occupa attualmente il 24° posto.

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