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La remuntada di Max

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Contro il Barcellona una Juve lucida e disciplinata

Finalista al primo tentativo; fuori agli ottavi la seconda volta ma col Bayern di Guardiola, peraltro aiutato sia a Torino sia a Monaco da arbitri non dico compiacenti ma platealmente fuori controllo; semifinalista al terzo assalto – ancora in corso -, dopo aver eliminato con merito il Barcellona che era segnalato da tutti tra i favoriti: anche al Milan Allegri aveva mostrato un’insospettabile “vocazione europea”, qualità che alla Juve si è compiutamente espressa.

E’ proprio Max allenatore-gestore, quello che “ride a sentire le altrui minchiate” e raramente perde il controllo di sé, invulnerabile com’è diventato anche alle pressioni ambientali, il vero protagonista della campagna 2016-17: ha demolito ogni diffidenza (lui, sì, ha realizzato una bella remuntada), ha saputo cambiare al momento giusto (“una mattina mi son svegliato…”) responsabilizzando chi cominciava a sentirsi marginale (Mandzukic e Cuadrado) e trovando il punto d’equilibrio sul piano mentale e degli stimoli prim’ancora che su quello tattico.

Al Camp Nou abbiamo visto una Juve così poco ortodossa quanto palpitante: in alcuni momenti mi ha ricordato l’Inter di Mourinho che – a lungo in inferiorità numerica – riuscì a fermare un Barcellona forte e scorbutico. Me l’ha ricordata soprattutto per lo spirito di sacrificio e l’attenzione posta nella fase difensiva, quella barriera a sei protetta spesso da tre e talvolta quattro tenori contro la quale Messi, Neymar e Suarez sono andati più volte a sbattere. Ovviamente questa Juve, a differenza di quell’Inter in dieci, ha anche provato a colpire.

Lucida, la voleva lucida Allegri per superare un Barça decisamente più in palla di quello di Torino: e lucida (e disciplinata) l’ha avuta e mostrata.

Dybala è dentro, Messi fuori. Con la sua barba rossastra e la certezza che dopo tanti anni non concorrerà al Pallone d’oro. Comincia però a sognarlo Buffon, a 39 anni.

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