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Gatti morto, in Argentina non si piange solo Papa Francesco: il cordoglio del Boca

Gatti morto, in Argentina non si piange solo Papa Francesco: il cordoglio del Boca Boca Juniors
Il toccante comunicato del club argentino dopo la scomparsa dell'iconico portiere, divenuto celebre per il suo stravagante stile

Sono ore di grande lutto soprattutto in Argentina dopo la morte di Papa Bergoglio. Oltre al pontefice, per cui è stata rinviata l'intera giornata odierna di Serie A, è infatti scomparso ad 80 anni anche Hugo Gatti, storico ed iconico portiere divenuto celebre soprattutto per la sua avventura al Boca Juniors tra il 1976 ed il 1989. Un lutto che ha scioccato il club di Buenos Aires, che ha voluto rendergli omaggio attraverso un comunicato ufficiale.

Boca Juniors, la dedica per Hugo Gatti

Il Boca Juniors ha omaggiato l'iconico portiere con un lungo comunicato in cui ha raccontato tutte le tappe della sua carriera: "Quando iniziò a farsi notare per l’abbigliamento, le fascette e ovviamente per le sue parate, a Hugo Orlando Gatti (1944-2025) lo soprannominarono “il Beatle”. Talento e carisma non gli mancavano. E la musica delle ovazioni lo accompagnò per tutta la carriera, soprattutto quando arrivò a infrangere record di popolarità e longevità al Boca. 'El Loco Gatti e il suo balletto, olé, olé, olé”, lo accoglieva il Dodicesimo Uomo non appena sbucava dal tunnel. “El Loco è il più grande del calcio nazionale”, si aggiornava il repertorio dopo i suoi successi come ultimo baluardo della difesa di Toto Lorenzo. E non veniva celebrato solo alla Bombonera: con il tempo divenne normale che anche le tifoserie avversarie lo applaudissero. Un idolo senza maglia: con felpe colorate, anche in questo fu un pioniere. Oltre alle 765 partite disputate nella massima categoria del calcio argentino – un traguardo che oggi appare irraggiungibile, nonostante le maggiori attenzioni all’alimentazione e agli allenamenti – Gatti fu protagonista anche di altri primati, difficili da misurare coi numeri, che lo resero un personaggio unico, irripetibile, fuori dagli schemi e impossibile da imitare. Al massimo, sono esistite alcune copie, più o meno fedeli. Hugo (i suoi amici non lo chiamavano mai col soprannome) collezionò 417 presenze ufficiali con la maglia del Boca, tutte da titolare, superato solo da Roberto Mouzo (426). Il totale sale a 549 contando anche le amichevoli. Qualsiasi partita con Gatti tra i pali era più affascinante. 'Tra i pali' è solo un modo di dire: non corrisponde né al suo stile né alla sua filosofia. Si definiva un calciatore, uno dei tanti. Per questo, ormai in là con gli anni e ritirato dall’attività professionistica, partecipava alle partite tra amici a Palermo da attaccante, giocando in avanti, un sogno che si concesse anche in un paio di amichevoli con la maglia azul y oro. Gatti arrivò a Buenos Aires per difendere i pali dell’Atlanta. Un ragazzo di Carlos Tejedor, coi capelli corti, le mani ossute e grandi. Forse fu la sua naturale timidezza a portarlo a costruire quel personaggio che attraversò in modo rumoroso e quasi continuo tre decenni del nostro calcio: dal debutto nel 1962 con l’Atlanta, al salto alla fama nel River come scomodo secondo di Amadeo Carrizo, alla consacrazione con il Gimnasia y Esgrima La Plata, una breve parentesi all’Unión de Santa Fe e il lungo ciclo al Boca. Per la tifoseria xeneize era già un idolo prima ancora di arrivare. Da giovane dichiarò di essere tifoso del Boca e predisse che, prima o poi, sarebbe finito nel club del suo cuore. Lo fece nell'inverno del 1976 grazie a Juan Carlos Lorenzo e Alberto José Armando, che lui definì – sempre con tono grandioso, a volte esagerato – il miglior allenatore e il miglior dirigente della storia. 'Sono il numero uno al mondo', era solito ripetere quando gli chiedevano di stilare una classifica per il ruolo più ingrato. A Gatti – che si vantava della sua capacità di anticipare le giocate – va riconosciuto il merito di aver anticipato il futuro del ruolo del portiere, soprattutto per la disponibilità a usare i piedi e calciare il pallone con la precisione di un trequartista. In un’epoca in cui i portieri erano incollati alla linea di porta, per lui era normale uscire dall’area e lanciare un compagno. Un gol di Hugo Osmar Perotti contro l’Estudiantes, decisivo nel Metropolitano del 1981, ne è un esempio perfetto. Quello fu l’anno della sua ultima consacrazione, con Diego Armando Maradona e Miguel Ángel Brindisi come compagni di spicco. La gloria più grande arrivò prima, tra il 1976 e il 1978, quando formò una difesa impenetrabile con Vicente Pernía, Francisco Sá, Roberto Mouzo e Alberto Tarantini o Miguel Bordón, con Rubén Suñé davanti a loro. Nelle prime otto partite della Libertadores ’77 non subì gol, e in tutta la Coppa ne incassò solo tre. Partì come riserva al Mondiale d’Inghilterra 1966, a soli 21 anni, ed era destinato a essere titolare in quello in casa nostra, dopo aver brillato in una tournée in Europa. Ma un infortunio e alcune pressioni lo esclusero dalla squadra che si laureò campione il 25 giugno 1978. Si prese la rivincita un mese dopo in Germania, dove il Boca alzò la prima delle sue tre Coppe Intercontinentali con un indimenticabile 3-0 al Borussia Monchengladbach. Nel 1998 si godette la sua partita d’addio, coincisa con la celebrazione del primo titolo conquistato dal Boca di Carlos Bianchi. E un quarto di secolo dopo fu inaugurata la sua statua. Lì resterà per sempre. Lì e nei cuori del Boca".

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