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Donnarumma, verità Raiola: “Juve, Milan, Maldini e quelle parole macigno"

Il cugino del compianto Mino sul portiere del Psg: "Gigio non sarebbe mai andato via a zero. E i bianconeri erano pronti all’offerta"

Enzo Raiola non era soltanto il cugino di Mino. Era il suo braccio destro, il confidente più fidato e, soprattutto, l’uomo che ha affiancato Gianluigi Donnarumma sin da bambino. Da quattordici anni, la carriera dell’uno come calciatore e quella dell’altro come procuratore sono indissolubilmente legate.

Enzo, quando è entrato Gigio nella sua vita?
«Era il 2010 quando Mino, per introdurmi nel mondo del calcio, mi ha detto “Inizia a conoscere un po’ di gente e fallo dal luogo in cui sei nato, perché la cosa più importante in questo lavoro è creare un rapporto di fiducia tra persone, perché un giocatore si deve fidare di te a 360°”. Nel sud, all’epoca, i migliori talenti si trovavano nelle scuole calcio e, grazie a Stefano, un nostro collaboratore che ne gestiva una a Torre Annunziata, mi sono trovato a seguire un match contro il “Club Napoli” dove c’era Gigio che giocava con i ragazzi di tre anni più grandi. Stefano mi aveva già detto che quello era un portiere fuori dal normale: aveva ragione. Così ho iniziato a seguirlo, mentre Mino l’ha conosciuto a Brescia, dove era andato per un provino, quando aveva 12 anni. Per regolamento i ragazzi sotto i 14 anni non potevano trasferirsi fuori regione e dovevano andarci pure i genitori. Mino parlò con papà Alfonso e gli disse «Lascia stare, tuo figlio è forte e arriverà, non ti preoccupare».

Con lui c’erano pure i fratelli Esposito che sarebbero rimasti e poi sarebbero andati all’Inter. Fatto sta che tutti, la Juve e soprattutto l’Inter, lo volevano, ma lui, tifoso del Milan e con un fratello che già ci giocava nel settore giovanile, voleva andare solo lì. La chiamata giusta arrivò da Bianchessi che convinse a tutti i costi Galliani nell’invitare la famiglia Donnarumma il giorno prima in cui sarebbe dovuto andare all’Inter. Detto fatto e Gianluigi ha firmato il vincolo. Pensi com’è la vita: anche il Genoa aveva fatto follie per lui su indicazione di Spinelli che là allenava Perin e disse a Preziosi “Prendetelo, questo è un fenomeno”. Poi Donnarumma ha ritrovato Spinelli al Psg come allenatore dei portieri...».

Arriviamo al debutto in A: quanto è stato importante Mihajlovic per lui?
«Le svelo un retroscena: già l’anno prima, con Inzaghi, c’era stata la possibilità che debuttasse nell’ultima di campionato con l’Atalanta (30 maggio 2015, ndr). Poi è arrivato Mihajlovic e l’ha preso a cuore perché lui fiutava subito il talento. E qui gliene racconto un’altra: un giorno io e Mino eravamo a Milanello e Sinisa si avvicinò e ci disse: “Mi sono convinto, deve giocare il ‘bambino’...”. Perché in partitella, dove gioca Gigio, gioca meglio la squadra. E succede anche quando inverto i portieri”. E gliene dico pure un’altra: Galliani e Mihajlovic dovettero fare una grande pressione sul presidente Berlusconi per convincerlo. Non perché non credesse in loro, ma perché c’era un signor portiere che era Diego López ed era un bagno di sangue per la proprietà metterlo fuori, visto quanto guadagnava lo spagnolo. Alla fine, ha vinto la volontà di Sinisa e Galliani, Gigio ha debuttato e si è tenuto il posto da titolare, tanto che poi López venne ceduto».

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