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Baresi l’ultima bandiera: quei no alle big, alla Juventus e all’Inter

Una vita con la maglia del Milan addosso, anche in Serie B. Punto di riferimento assoluto per una squadra sempre meno italiana, alla quale insegnare che cosa siano il Milan, il suo spirito, la sua storia

Ci sono i fantastilioni sauditi, abbacinante calamita che attira giocatori da ogni dove e di ogni palmarès, foderando i conti in banca, loro e delle loro prossime nove generazioni. E poi c’è lui, Franco Baresi, fratello di Beppe e poiché di due anni più giovane di lui, per gli almanacchi Baresi II. Conta 63 anni, dei quali quasi cinquanta vissuti con la stessa maglia, con gli stessi colori, con la stessa gloria, intonsa e inarrivabile. Essa ne fa l’Ultima Bandiera in un calcio che, in alcuni casi, s’è venduto pure i pennoni. Franco no. Franco che nei tempi cupi per due volte scese in B e nei tempi d’oro respinse le proposte della Juve, dell’Inter, della Samp, per essere e per rimanere rossonero.

A vita e non è un modo di dire, nel tempo in cui ci sono giocatori che cambiano maglia per tre volte nell’arco della stessa stagione; altri che la baciano e poi la tradiscono; altri ancora che trattano con la presunta squadra del cuore, salvo fl irtare di nascosto con una rivale. Siatene certi: Franco avrebbe detto no anche al Pif e a Bin Salman, qualunque fosse stata la loro off erta, pur se l’avessero coperto con 300 milioni di euro all’anno, 25 milioni di euro al mese, 800 mila euro al giorno, 35 mila euro l’ora, 570 euro al minuto, 9 euro al secondo (citofonare Mbappé, pure lui impermeabile alla proff erta, per tutt’altri motivi e certo non per rimanere al Psg, ma per intrappolare Al-Khelaifi ).

Baresi, con Ancelotti a Pasadena

Perché Baresi avrebbe risposto picche ai sauditi? Perché Baresi è il Milan. Lo dicono la sua vita, la sua carriera, il suo modo di vivere la straordinaria epopea che ne porta il nome e lo porterà per sempre. Soprattutto, in quest’estate rivoluzionaria che trasforma il Diavolo in un’autentica multinazionale, così diverso dalla prima Età dell’Oro berlusconiana, con i tre olandesi, sì e, tuttavia, esaltata dal Capitano che indossava la maglia Numero 6. Né ieri dopo il suo ritiro, né oggi, né domani, nessuno la indosserà più, com’è giusto che sia. E si capisce perché in questi giorni, fra la gente rossonera abbia suscitato un’irresistibile ondata di ammirazione mista a nostalgia, quella foto ad Ancelotti e Baresi, scattata sul campo del Rose Bowl di Pasadena prima dell’amichevole con il Real. Lì, il 17 luglio ‘94, nella fi nale mondiale, Franco provò l’amarezza più cocente con la maglia azzurra, poiché il rigore sbagliato contro il Brasile non lo dimenticherà mai. Come le lacrime che Sacchi provava ad asciugare, mettendogli un braccio intorno al collo, rincuorandolo, pur sapendo di non avere successo. Ancelotti, fra i più grandi allenatori di sempre; Baresi, fra i più grandi liberi di sempre, con Scirea e Beckenbauer. Libero di sognare, lo recita anche il titolo della sua emozionante autobiografi a. Scrisse di lui Gianni Brera, anno Domini 1992: “«Baresi II è dotato di uno stile unico, prepotente, imperioso, talora spietato. Si getta sul pallone come una belva: e se per un caso dannato non lo coglie, salvi il buon Dio chi ne è in possesso! Esce dopo un anticipo atteggiandosi a mosse di virile bellezza gladiatoria. Stacca bene, comanda meglio in regia: avanza in una sequenza di falcate non meno piacenti che energiche: avesse anche la legnata del gol, sarebbe il massimo mai visto sulla terra con il brasiliano Mauro, battitore libero del Santos e della Nazionale brasiliana 1962».

Baresi, simbolo del Milan

Baresi, ufficialmente vicepresidente onorario del MIlan. In realtà più che mai suo simbolo planetario, ambasciatore non soltanto di nome, più che mai punto di riferimento assoluto per una squadra sempre meno italiana e sempre più straniera, alla quale insegnare che cosa siano il Milan, lo spirito del MIlan, la storia del Milan. Maldini era il dioscuro di Baresi, ma è stato bruscamente messo alla porta; Tonali, già designato Capitan Futuro, rossonero dalla nascita come ha sempre sottolineato, ora veste il bianconero del Newcastle United, rivestito di sterline dai sauditi che posseggono le Magpies a Newcastle Upon Tyde, sotto la presidenza di Yasir Al-Rumayyan, manager ed economista saudita, governatore del Public Investment Fund (Pif), presidente di Saudi Aramco. Nella rosa del Milan campione d’Europa e poi del mondo, stagione ‘89- 90, si contavano venticinque italiani e tre olandesi. Nell’organico 2023/2024, contemplabile a oggi, addì 29 luglio 2023, ci sono sette italiani: Davide Calabria, il capitano, rossonero da quando aveva undici anni e oggi ne ha ventisei: il campione d’Europa Alessandro Florenzi; Tommaso Pobega; i portieri Antonio Mirante e Marco Sportiello; Mattia Caldara e Lorenzo Colombo, rientrati da prestiti. Tutti gli altri sono stranieri: l’americano Pulisic (e un altro statunitense, Musah, che ha anche la cittadinanza inglese, è in dirittura d’arrivo); Loftus-Cheek, inglese come Tomori; Reijnders, olandese; Romero, argentino; Okafor, svizzero; Chukwueze, nigeriano; Thiaw, tedesco; Bennacer, algerino; Krunic, bosniaco; Leao, portoghese; i francesi Maignan, Hernandez, Giroud, Kalulu; il franco-algerino Adli; i belgi De Ketelaere, Origi e Saelemakers; il brasiliano Messias; il croato Rebic; il danese Kjaer.

Sognare si può

Dite voi se in questa nuova Babele a tinte rossonere, non sia traducibile in tutte le lingue il messaggio che Baresi ha lanciato, dentro e fuori Casa Milan, quando ha raccontato la sua storia mettendola nero su bianco: “Voglio dire ai giovani che sognare si può, anche andando contro le avversità della vita, per trasformare le dinamiche negative in positive. Mai perdersi, mai demoralizzarsi, crederci sempre. Io una Bandiera? Posso essere una Bandiera perché ho sempre vissuto in un solo club. Ciò che conta è il rapporto instaurato con la gente, con i tifosi che va ben oltre i trofei vinti. Conta il loro rispetto, il loro aff etto, la loro considerazione. Conta fare con passione ciò che ami”. Un Capitano è per sempre.

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