TORINO - Ripercorrendo velocemente il film della sua carriera, vi sono tre passaggi temporali che hanno scandito il percorso di Luca Ariatti prima di divenire procuratore:
- 11 anni passati con la squadra della sua città, la Reggiana, dagli esordienti fino all’esordio in Serie A nell’agosto 1997
- L’esplosione con la maglia della Fiorentina riportandola dai campi di provincia della C2 fino alla massima serie, oltre ad aver avuto l’onore di diventarne capitano
- La consacrazione da giocatore “vero” di serie A con le maglie di Atalanta, Lecce e Chievo
C'è chi sostiene che i procuratori siano il male del calcio. Come risponde a tale provocazione? E, inoltre, com'è cambiata nel corso degli anni la vostra professione?
“La figura del procuratore è diventata sempre più decisiva, nel bene e nel male. Con i direttori sportivi sempre più impegnati nella gestione della quotidianità, l’agente moderno deve lavorare con intelligenza, trovando le intuizioni giuste. Rappresentare un valore aggiunto per i propri assistiti o i club qualora si operi come intermediario. Servono agenzie sempre più strutturate in grado di soddisfare tutte le esigenze dei propri assistiti”.
A suo avviso come mai - in Italia - si compra tanto all'estero?
“Numeri alla mano possiamo confermare che in serie A giocano più calciatori stranieri che italiani. Vi posso assicurare che seguendo da vicino tutto il movimento giovanile italiano i giocatori proiettabili in serie A ci sono sicuramente. Ma a questi ragazzi manca un percorso formativo adeguato e successivamente un palcoscenico tale da renderli visibili. Il distacco tra il campionato Primavera ed il professionismo è troppo ampio e così perdiamo tra la Serie B e la Lega Pro tantissimi giocatori che potrebbero fare bella figura nella massima serie. A parità di anni, pur giovani che siano, uno straniero è più pronto atleticamente e fisicamente. Servirebbe un radicale cambiamento, troppa tattica fin dalle giovanili e discapito della tecnica e del ritmo”.
Cosa cambierebbe del calcio italiano?
“Inserirei le seconde squadre immediatamente. Se hai cresciuto un giovane calciatore devi avere la possibilità di completarlo internamente, senza mandarlo in giro per l’Italia. Spesso i ragazzi vanno in società esterne, senza alcun senso di appartenenza e rimangono imbrigliati nelle categorie minori. Mi auguro che ciò possa avvenire in tempi rapidi unito ad un maggior coraggio nel schierare i ragazzi prodotti dal vivaio nelle prime squadre”.
La stella emergente della Serie A è...
“Faccio il nome di Sportiello, giovane, forte, professionale, italiano. Sarà il futuro portiere di una squadra top”.
Mendes, il procuratore più ricco in assoluto, si differenziano dagli altri perché...
“Mendes è semplicemente un genio. Non puoi gestire un campione del calibro di Cristiano Ronaldo o un manager dalla personalità di José Mourinho se non hai qualcosa in più rispetto ai tuoi concorrenti”.
È il modello a cui si ispira?
“Credo che un agente giovane come me - ma che ha una lunga esperienza nel mondo del calcio - debba essere sempre pronto a carpire i segreti dei migliori. E’ un continuo aggiornarsi, perché anno dopo anno le esigenze dei calciatori aumenteranno”.
Se è vero che Mino Raiola è il re dei procuratori in Italia (primo tra gli italiani con oltre 25 milioni di guadagni dalle commissioni) è pur vero che - alla luce dell'ultimo calciomercato - il “fenomeno” è stato il procuratore di Hernanes, Joseph Lee. Conviene?
“Più che una domanda sembra una battuta… Dico solo che Marotta e Paratici rappresentano una garanzia dal punto di vista della gestione del mercato e di conseguenza l’acquisto di Hernanes rappresenterà un ulteriore valore aggiunto per la rosa di Mister Allegri”.
Da esperto del mestiere cosa consiglia ad un calciatore che sceglie un procuratore?
“Ad un calciatore consiglio sempre di appoggiarsi ad una persona che viva di calcio; ormai il nostro settore è pieno di faccendieri improvvisati o semplici appassionati. Gestire un’atleta necessita una profonda conoscenza di questo mondo. Cerco sempre di condividere un progetto preciso con i miei ragazzi, lavorando per il grande obiettivo, senza lasciarsi ingannare troppo da quello che si è oggi. Ho visto centinaia di ragazzi più forti di me perdersi senza un reale motivo. Molte volte basta un attimo per buttare via tutto ed il fatto di essere stato un calciatore professionista rappresenta un grande vantaggio nella gestione dei miei assistiti”.
Come valuta un calciatore? In base a quali criteri sceglie i giocatori su cui porre assistenza? E quanta importanza dà al rapporto personale con i suoi assistiti?
“La valutazione del giocatore la ritengo sempre soggettiva. Personalmente adoro i giocatori con grande dinamismo e coraggio, uniti ad una buona gestualità tecnica. Da calciatore le prime donne non mi sono mai piaciute, figuriamoci ora che sono agente. La dedizione al lavoro e lo spirito di squadra possono rendere un calciatore normale in un buonissimo calciatore. Su questo passaggio lavoro molto con i miei ragazzi”.
La giornata tipo del procuratore e le difficoltà che deve superare ogni giorno?
“Diciamo che l’agenda di un agente è molto flessibile. Guardare partite è la cosa che amo maggiormente, ma non puoi fare questo mestiere senza curare le relazioni interpersonali. Fondamentale è mantenere un livello qualitativo del lavoro alto, per conquistare un atleta si fa molta fatica ed a volte perderlo basta un attimo”.
Un sogno professionale?
“Il mio sogno è di seguire i miei assistiti dal primo all’ultimo giorno della loro carriera professionale”.
Il Presidente con cui si è trovato meglio e quello più ostile?
“Ho avuto la fortuna di conoscere grandi Presidenti, da Diego Della Valle a Ruggeri, passando per Semeraro fino a Campedelli; ma il rapporto che ebbi nella mia Reggiana con Chiarino Cimurri non ha avuto eguali. Condividevamo una viscerale passione per lo sport e l’attaccamento alla nostra terra. Peccato lo sport italiano l’abbia salutato troppo presto”.
L'affare di mercato che le ha dato maggior soddisfazione?
“Sicuramente il giorno in cui ho completato il primo trasferimento internazionale, il mio amico Jokic al Villarreal in scadenza di contratto dal Chievo. Ma anche il giorno in cui ho portato Gakpè al Genoa non è stato male, visto le insidie che vi erano”.
Agente, procuratore, intermediario. Può farci chiarezza in merito?
“Per come è strutturata, la mia agenzia opera su tre fronti. La ricerca dei migliori talenti, la gestione dei calciatori professionisti e l’opera di intermediazione sul mercato internazionale. Pur rimanendo nel mondo del calcio vi posso assicurare che per ognuna di esse devi saper mettere in campo ciò che serve. Progettualità sui giovani, efficacia con i professionisti, intuito nel campo internazionale”.
Le mansioni principali del suo lavoro: scouting, gestione, sponsor. Ce ne parla?
“La base del nostro lavoro e che ci permetterà di lavorare per tanti anni è la ricerca dei migliori prospetti. La fase di scouting è quella più importante. Se non arrivi prima dei concorrenti nell’accaparrarti i calciatori sarai costretto a dipendere dagli errori altrui. Dedichiamo i nostri sforzi soprattutto nel individuare i calciatori del futuro. Dopo di che parte l’altrettanto fase importante, quella della gestione. Lavorare fianco a fianco al calciatore, condividendone le scelte nell’ottica di ottenere il miglior risultato possibile dal punto di vista professionale”.
Dulcis in fundo, dove si vede da qui a 10 anni?
“Per il futuro non mi pongo limiti; vedo un’agenzia forte, dinamica ed improntata sui giovani italiani, ma sempre pronta a cogliere occasioni dal mercato internazionale”.