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Calcioscommesse, Tavecchio difende il calcio: «Basta offese»

ANSA

Il presidente della Fgic sulle recenti polemiche che hanno investito il mondo del calcio: «Tra 10 anni ci saranno altri casi uguali se non cambiamo il sistema»

TORINO - «Il calcio è socialità, una componente determinante nel sistema politico italiano non lo si può sempre offendere per fatti che non ci competono. Abbiamo monitorato sempre le scommesse e la Lega Pro ha segnalato a chi di dovere». Così il presidente della Figc, Carlo Tavecchio, difende il calcio dopo le polemiche sui nuovi scandali calcioscommesse. «Il Coni ci dirà quali sono le procedure più semplici che deve applicare la giustizia per intervenire subito e bloccare queste situazioni. Non siamo un organo di polizia ma siamo un organo di organizzazione di spettacolo e sport. Siamo servi di tutti ma schiavi di nessuno». 

POPOLO MONOTONO - «Trenta società hanno fatto delle porcherie. Ma vi ricordo una monotonia ridicola del Paese: nell'80 le alfette entravano negli stadi, nel '90 altre scommesse, nel 2006 Calciopoli. Siamo un popolo monotono anche nel delinquere - continua - Tra 10 anni ci saranno altri casi uguali se non cambiamo il sistema, se non creiamo formazione, obiettivi e indirizzi, che si fanno con progetti e la Lega Dilettanti di cui rivendico questa filosofia da sempre ha fatto questa politica»

NUOVA CANDIDATURA - «Non sono tornato da Mangaratiba perché volevo fare il presidente federale. L'ultimo mio problema era fare il presidente federale, avete voluto mettere qui uno inadeguato? Bene adesso vedremo l'adeguatezza e l'inadeguatezza del sistema e poi ci conteremo un'altra volta». Il presidente della Figc apre all'ipotesi di una sua nuova candidatura al termine del mandato. «Non si può stare sotto bombardamento tutti i giorni. L'elmetto non serve più, contano solo le parole. Me lo tolgo l'elmetto, parlo: poi vedremo cosa imputare al sistema che devo difendere obtorto collo - aggiunge - Il calcio genera 6 miliardi di euro nel sistema, milioni di persone, voi pensate che i nostri 10 milioni sono scevri dei problemi di un Paese di 60 milioni? La delinquenza che sta nei 60 milioni forzatamente sta anche nei 10, non può non starci è un fatto aritmetico».

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