Il Prescelto. Prima ancora di debuttare tra i professionisti. Con la copertina su Sports Illustrated. E con il tatuaggio “The chosen One”, appunto, sulla schiena. Eppoi il re. E non c’è alcun dubbio che lo sia. Anche se il fenomeno è divisivo. LeBron Raymone James ha certamente scritto la storia dei canestri e dello sport mondiale. Non il primo esempio di campione imprenditore, mai nessuno però al suo livello. E per quanto riguarda il gioco, nonostante i critici e l’interpretabilità dei numeri, ebbene quanto scritto da LeBron non sarà battibile. La prossima volta che LBJ scenderà sul parquet con i suoi Los Angeles Lakers avrà già girato la boa dei 40 anni. Oggi il compleanno, domani la partita con Cleveland, la città natia (Akron è un sobborgo) e la prima squadra sua. Partita studiata apposta, la Nba non fa nulla per caso. Certo non è il primo e tantomeno l’unico a riuscirci ad altissimo livello. Dino Zoff alzò la Coppa del Mondo dopo aver bloccato sulla linea un colpo di testa di Falcao in una partita chiave e indimenticabile contro il Brasile nel 1982.
Il quarterback Tom Brady ha vinto il suo sesto Super Bowl Nfl a 41 e con i Tampa Bay Buccaneers addirittura a 43. Lindsey Vonn ha deciso di indossare di nuovo gli sci a 40 anni. Lo stesso Tiger Woods è tornato a vincere a 40 anni. Ma LeBron taglia il traguardo da intoccabile, nonostante qualche partita persa con il fisico per superare anche il record di tale Hickey che giocò fino a 45 anni. Praticamente tutti gli altri record di longevità li ha stabiliti. E uno curioso, che ha scatenato illazioni e polemiche, ma ha reso oltre 50 milioni in sole magliette ai Lakers, è recente e riguarda l’aver giocato, primo nella Nba, in squadra con il figlio LeBron Jr, ovverosia Bronny. LeBron evoluzione in campo di Magic Johnson in quanto giocatore totale piuttosto che di Michael Jordan, l’eroe inseguito e che non raggiungerà per titoli vinti. Però King James ha portato da solo una franchigia in finale e più volte, Cleveland cioè. Per vincere servono anche i compagni di squadra e infatti James decise di «portare i miei talenti» - sua frase, poco elegante ma che ne illustra bene l’ego - a Miami. E tornato a Cleveland rivinse in compagnia di Kyrie Irving. E ai Lakers, nell’anno del covid e della bolla in cui si giocava a Orlando, ha avuto Anthony Davis.
LeBron e la nuova versione dell'atleta numero 1
Oltre a tutto quanto mostrato in campo, LeBron ha però offerto anche una nuova versione dell’atleta n. 1 non soltanto concentrato sul campo. Impegnato politicamente e con una fondazione che apre continuamente scuole per i poveri. Perché l’ha ricordato dopo il secondo anello con Miami: «Sono LeBron James da un sobborgo, un ghetto di Akron Ohio, non era previsto che io fossi qui. Sono benedetto». Che poi è la perfetta visione afroamericana del mondo. Fatta da un fenomeno che da bambino non aveva casa, che è stato cresciuto soltanto da mamma e forse anche per questo ha uno sviluppatissimo senso della famiglia. LeBron enorme e influencer sui social. LeBron che non va da Trump e si schiera apertamente per Black Lives Matter. LeBron che investe (anche se da lui smentito), oltre un milione e mezzo l’anno per la cura del corpo già scolpito da madre natura.
Un caso unico per la scienza: lo spiega bene il fatto che LBJ tra i 40enni Nba sia l’unico a riuscirci tra i 30 più giovani al debutto. Perché saltando il college giocò la prima partita il 29 ottobre 2003 a 18 anni e 303 giorni. Sono passati 21 anni e sta correndo la 22ª stagione: a 23,5 punti, 7,9 rimbalzi, 9 assist. Se la Nba vuole recuperare audience tv, mette LeBron contro Curry a Natale. Se Team Usa vuole l’oro olimpico deve affidarsi a LBJ e Curry, che di anni ne ha 36. A 40 anni, oggi, LeBron James non è soltanto il volto della Nba. È la Nba. Aspettando gli eredi già in campo (Wembanyama), di propositi di ritiro nemmeno un cenno, solo un “non giocherò ancora a lungo”. Tutti in piedi per King James. Anche se non vincerà più il 5° agognato titolo, ha ridefinito il basket senza ruoli e la figura della star.