I PREMI INDIVIDUALI - Ebbene, la Nba ha vissuto una stagione rivoluzionaria, con l’ascesa alla massima ribalta, di nuovi fenomeni. Perché Kobe Bryant, legge dell’età, declina. E ormai non ci sono soltanto il prescelto LeBron e l’ineguagliabile Kevin Durant. Anzi, KD quasi non si è visto, causa mille guai al piede. E Rose sta recuperando la condizione soltanto adesso per i playoff. E allora è stato l’anno di "Russ maniac" (Russell Westbrook, rimasto fuori dai playoff), di Kyrie Irving (però a fianco di LeBron), dell’albatros Anthony Davis, in parte anche di Kawhi Leonard (con l’asterisco del giocare con Duncan e Parker e Ginobili e dell’essere nel platoon system Spurs).
LA STAGIONE DI CURRY E HARDEN - Ma in particolare è stata la stagione di Steph Curry e James Harden. E sono loro ad attendere e farci aspettare i primi di maggio, quando sarà nominato l’MVP di stagione. Premio che dà lustro e fa discutere. Chi scegliereste voi? Noi ci sbilanciamo: Steph, il piccolo grande uomo, emerso dalla diffidenza passata per quel fisico così esile. Genio, fantasista inaudito, con qualità e fondamentali da mostrare ai bimbi e carattere da sbalordire. Per a egoista. Steph perché, al di là dei 23,8 punti, col 44,3% da 3 e il 91,4% ai liberi, il record di triple messe in un anno (286!), dei 7,7 assist sposati a 4,3 rimbalzi, è cresciuto in responsabilità e attitudine difensiva. E’ il leader della miglior squadra e con il gioco più affascinante, spettacolare e redditizio sul pianeta: i Golden State Warriors. E perché ciò che fa avvicina i normodotati a un gioco di giganti. Rende possibile l’impensabile. Detto questo il barba Harden, è solista spaventoso e inarrestabile, capace di caricarsi Houston sulle spalle e portarla al secondo record a Ovest, con 28,4 punti, 5,7 rimbalzi, 7 assist, in un sistema estremo come quello Rockets, che privilegia tiro da tre o da sotto, senza mezze misure. In una squadra priva del totem Howard per metà campionato. Harden il jazzista, che gioca a un ritmo assolutamente personale. Il limite? Quello di Westbrook, quello che aveva un tempo persino Jordan. Fidarsi dei compagni, adeguarsi, mettere al servizio la propria onnipotenza. Ma se il premio va a chi rende migliore la sua squadra, Harden è un candidato crediblissimo.
IL RE DELLA NBA - Oh, poi l’Mvp nei tempi moderni tende a non premiare chi poi vince il titolo. Negli ultimi 10 anni è successo soltanto due volte, sempre con LeBron James (nei due titoli di Miami 2012 e 13). E per ritrovare un Mvp poi con l’anello al dito bisogna risalire al 2002/03 di Tim Duncan, al 2000 di Shaquille O’Neal. Ecco, a tal proposito: ora è un duello, forse si ripeterà in futuro. Ma su una cosa non c’è dubbio, i migliori di stagione non sono i migliori in assoluto. Perché c’è un solo re nella Nba attuale. Piaccia o meno, è LeBron James. Partito lui Miami è fuori dai playoff, mentre Cleveland punta dritta al titolo. E’ il più completo, decisivo, dominante. Gli altri possono sfidarlo e aspettare. In ottobre tornerà Durant, né bisogna dimenticare nell’elenco dei delfini del sovrano Paul George, appena ripresosi dalla terribile frattura alla gamba dell’estate 2014. Cresceranno i ragazzi, soprattutto il giovane “pellicano” Davis. Ma come LeBron per ora non ce n’è.