Tredici Fiandre, dieci Roubaix. L'11ª è solo rimandata per Matteo Trentin, 35enne della Tudor Pro Cycling con uno spessore a cui le 31 vittorie da pro, e le innumerevoli gare corse in testa, non riescono a render giustizia. L'azzurro vicecampione del mondo a Harrogate 2019 salterà la traversata nell'Inferno del Nord per un problema dell'ultim'ora, ma se c'è qualcuno in gruppo che sa come leggere le pietre a quelle latitudini è proprio lui. Basta pensare al suo attacco al Fiandre con Filippo Ganna e Davide Ballerini.
Trentin, come valuta nel complesso il suo avvio di stagione?
«Al Fiandre mi sono sentito bene e nonostante il risultato finale non sia stato proprio il massimo (22º, ndr) sono contento della performance. Alla fine niente Roubaix: capita. Il piano era partire un po' in ritardo, come calendario, per essere in piena forma per queste gare. Ha funzionato, almeno per quanto riguarda la gamba: al Fiandre non posso recriminare, abbiamo provato ad anticipare i big e abbiamo perso energie che sarebbero state utili nel finale. Qualcosa in più avrei potuto farlo tra E3 e Gand-Wevelgem»
Ci racconta l'attacco alla Ronde con Ganna e Ballerini?
«L'idea iniziale è sempre stata quella di riuscire ad anticipare il resto del gruppo. C'è un pezzo di percorso dopo l'Eikenberg che dava questa possibilità. Purtroppo io e Pippo siamo arrivati un po' dopo e abbiamo speso tanto per rientrare su quelli davanti e credo la cosa abbia penalizzato entrambi. L'idea era giusta: quando quelli forti attaccano restare con loro è sempre un rischio».
Come ha visto Ganna?
«Molto bene. È andato forte, ha sofferto sui muri come me, ma nella volata finale non ha lasciato spazio a discussioni... Molto bene».
Come spiegare a un profano cosa cambia tra Fiandre e Roubaix?
«Due cose diverse! Quello della Roubaix è tutt'altro pavé: più difficile, più cattivo, più duro. Il Fiandre ha salite e discese, ma se guardi gli ordini d'arrivo alla Roubaix e i distacchi, tra i gruppetti che arrivano al traguardo, capisci che c'è qualcosa di particolare. Ci sono corridori che ci si adattano perfettamente, ma credo che assisteremo alla stessa ramanzina di sempre...»
Cioè?
«Tadej non va alla Roubaix per farsi un giro. E sono proprio curioso di vedere uno che vince il Tour andare su quelle pietre. Penso poi a Van der Poel, ci metto anche Van Aert. E uno come Ganna sarà molto più a suo agio rispetto a domenica scorsa».
Attacchi e anticipi al Fiandre non hanno funzionato però contro i soliti noti.
«Avessimo avuto un compagno di squadra di Pogacar in fuga magari le cose sarebbero andate in maniera diversa. Questi hanno una marcia in più: qualunque cosa tu ti possa inventare, riescono sempre a salvare la giornata. È il ciclismo di oggi, ma magari prima o poi le cose cambiano».
Da ex compagno di squadra di Pogacar, quanto avranno gradito nello staff dell'Uae la sua voglia di partecipare alla Roubaix?
«Neanche un po'...»
E Pogi fa bene a rischiare un po' per un obiettivo come questo?
«Per il ciclismo è qualcosa di bellissimo vedere uno come lui che si fa le cinque Monumento e prova a vincerle tutte. La Roubaix poi è rischiosa, ma per esperienza vi dico che chi va forte rischia sempre meno».
Da collega che opinione ha di Van Aert?
«Non penso debba dimostrare niente a nessuno. Si trova sempre in un'area di confronto costante, ma con gli infortuni che ha avuto una persona normale avrebbe praticamente smesso di andare in bici. Secondo me, inoltre, hanno voluto strafare trasformandolo anche in scalatore...».
Tema sicurezza: le piace il nuovo ingresso alla Roubaix con quattro curve a novanta gradi?
«Andava bene anche la chicane per me, prima si arrivava ad Arenberg a 70 orari. Insomma, troppo forte. Per chi ci entra davanti non è neanche un problema, ma chi stava dietro vedeva un disastro: ruote che volavano, atleti per terra. Sul tema, comunque, credo tocchi anche a noi corridori prendere posizione. L’UCI con noi fa tanto la voce grossa con cartellini e multe ma ci sono un sacco di gare pericolose e non ci si pone minimamente il problema».