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Doping, Schwazer: «Io fermo da tre anni, i russi già tornano»

ANSA

Lo sfogo del marciatore: «Già nella primavera del 2012 la Fidal era a conoscenza del fatto che avevo provato l'epo, ma nessuno mi ha fermato»

BOLZANO - «Io sono fermo da tre anni, tra l'altro dopo aver confessato, mentre in Russia, dove è stato scoperto un doping di stato, nessuno si è dimesso e si sta già pensando, come riammetter la squadra ai giochi olimpici di Rio». E' lo sfogo del marciatore Alex Schwazer, dopo aver testimoniato in tribunale a Bolzano durante il processo contro i medici Fidal Giuseppe Fischietto e Pierluigi Fiorella. «Lo dico da anni che in Russia c'è un sistema di doping e la prova sono i 30 casi di positività scoperti solo tra i marciatori. Prima d'ora nessuno si era mai preoccupato di fermarli», ha aggiunto Schwazer. Anche durante l'udienza l'altoatesino ha parlato degli avversari russi e della sua scelta di doparsi. «Ero in un tunnel - ha detto - e a Londra 2012 volevo partire alla pari con i russi».

LE TAPPE - «Già nella primavera del 2012 la Fidal era a conoscenza del fatto che avevo provato l'epo, ma nessuno mi ha fermato», ha spiegato il marciatore. Durante la sua deposizione come testimone, Schwazer ha ripercorso le tappe: dalle prime ricerche su internet e l'acquisto di sostanze dopanti in Turchia, fino alla prima assunzione di epo in primavera 2012. «Volevo provare l'effetto prima dei giochi olimpici. Quando ho visto i valori ematici sulla piattaforma online del mio passaporto biologico Wada mi sono spaventato», ha aggiunto l'altoatesino. «Questi valori non erano giustificabili senza doping. Non sapevo più cosa fare e così ho chiamato il dott. Fiorella» che lo seguiva da anni. Schwazer ha detto, di aver confessato l'assunzione di epo prima per telefono e poi anche durante un incontro con il medico Fidal a Parma. «Fiorella - secondo il marciatore - mi ha messo in guardia dalle conseguenze per me e per chi mi era vicino. Gli ho promesso di non farlo più, ma tra me e me avevo deciso di andare avanti», ha aggiunto Schwazer. Conversando con i cronisti dopo l'udienza, l'altoatesino ha ribadito che la Fidal sarebbe stata a conoscenza dei suoi valori ematici anomali, ma di non essere stato convocato. «È vero, sono io ad essermi dopato, ma se fossi stato chiamato ad Acquacetosa, non mi sarei messo nei guai. Gli atleti vengono e vanno, i funzionari restano», ha concluso.

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