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I quindici campioni della Juventus più amati dalla famiglia Agnelli

Edoardo, Gianni, Umberto, Andrea. Ogni presidente bianconero ha avuto i suoi giocatori preferiti, non sempre e non solo per la classe. Metterli in fila non può essere altro che un gioco affascinante e impossibile, non fosse altro per il fatto che Edoardo e suo nipote Andrea non ne hanno visto neanche uno in comune (testo di Sergio Baldini)

Aldo Liverani
1 di 15 15) Pietro Anastasi. Lo aveva praticamente preso l’Inter, con cui stava giocando un’amichevole durante la quale un fotografo lo informò che il Varese lo aveva venduto alla Juve: Agnelli aveva convinto Borghi, patron del Varese e della Ignis, aggiungendo al prezzo una fornitura di motori per i frigoriferi.
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2 di 15 14) Paolo Rossi. Fu paragonato alla Gioconda di Leonardo da Giussy Farina, presidente del Vicenza che nel 1978, per risolvere a proprio favore la comproprietà dell’attaccante con la Juventus lo valutò 2 miliardi e 400 milioni, cifra che destò scandalo. Fortemente voluto dall’Avvocato, da Boniperti e Trapattoni, Rossi fu riacquistato dalla Juve nel 1981, nonostante fosse squalificato per il calcioscommesse. E allenandosi in bianconero preparò il trionfale Mondiale dell’82.
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3 di 15 9° ROBERTO BAGGIO Rigori segnati: 68 su 83 Percentuale realizzazione: 81.9%
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4 di 15 12) Giorgio Chiellini. Nel 2004 uno dei primi acquisti seguiti alla morte di Umberto Agnelli e poi pilastro della Juve di Andrea e suo amico. Perfetto esempio di stile Juve anche nella grinta feroce in campo e nell’educazione assoluta fuori.
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5 di 15 11) Gianluigi Buffon. Legame tra la Juventus di Umberto Agnelli, con Bettega, Giraudo e Moggi al timone, e quella di Andrea è stato Gigi Buffon, erede di Zoff capace addirittura di superare il maestro. Ha fatto in tempo a vincere meritandosi gli applausi dell’Avvocato, oltre a quelli del Dottore, ed è poi diventato un pilastro delle vittorie della Juve di Andrea, di cui è amico vero. In mezzo, quando Gianni e Umberto già non c’erano più, la scelta che lo ha reso uno dei simboli bianconeri, quella di restare in Serie B nel pieno della carriera e quando era il miglior portiere del mondo oltre che campione del mondo.
Aldo Liverani
6 di 15 10) Dino Zoff. Di tanti aspetti di quello “Stile Juventus” è stato emblema perfetto: sobrietà, eleganza, carisma, signorilità, determinazione. Portiere bianconero degli anni Settanta e agli inizi degli Ottanta, ha difeso l’inizio della scalata bianconera all’Europa, conquistando la Coppa Uefa del 1977, il primo trofeo internazionale bianconero.
Aldo Liverani
7 di 15 9) Carlo Parola. Passato dalla squadra della Fiata alle giovanili della Juve, esordì in prima squadra nel 1939 e nel 1947, quando Gianni Agnelli diventò presidente, ne era il leader e il difensore centrale (centromediano, per usare l’esatto termine dell’epoca). Così come nel 1949-50 e nel 1951-52 quando la Juve conquistò i primi due Scudetti con l’Avvocato come presidente. E proprio nel primo di quei due campionati Parola venne fotografato mentre eseguiva, per respingere un lancio avversario, la più celebre delle sue rovesciate, poi divenuta il simbolo delle figurine Panini.
Juventus FC via Getty Images
8 di 15 8) Paolo Montero. Incarnava lo spirito guerriero che gli Agnelli hanno sempre apprezzato, abbinato però anche a un piede sinistro da grande regista difensivo. Per Andrea poi è stato l’idolo dell’adolescenza, per quella grinta - ma chiamiamola pure cattiveria, nel senso sportivo del termine - che lo ha fatto adorare da milioni di tifosi.
Aldo Liverani
9 di 15 7) Roberto Bettega. Attaccante che ancora oggi sarebbe definito moderno, per la capacità di arretrare e partecipare al gioco, e al tempo stesso antico, per prestanza e cattiveria in area di rigore. Esempio di determinazione nel reagire a malattie e infortuni, come Boniperti, seppur in misura meno incisiva nella seconda veste, è stato stella in campo (nella Juve dell’Avvocato) e presidente (in quella che aveva il Dottore come nume tutelare) e vincente in entrambi i ruoli.
Aldo Liverani
10 di 15 6) John Charles. Umberto, nel 1955, diventava il più giovane presidente della storia bianconera. E due anni dopo cominciava la ricostruzione della Juve col suo primo grande colpo, di poche settimane precedente quello di Sivori: l’acquisto di John Charles dal Leeds. Un acquisto che segna un epoca e la nascita di una delle Juventus più forti di sempre, un centravanti amatissimo per forza e lealtà.
11 di 15 5) Raimundo Orsi. Il primo fuoriclasse della storia juventina. Diventò la stella dei cinque Scudetti di fila tra il 1931 e il 1935, facendo sognare l’Avvocato, e come oriundo conquistò anche il Mondiale con l’Italia nel 1934, l’anno di nascita di Umberto.
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12 di 15 Del Piero
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13 di 15 3) Giampiero Boniperti. Eleganza e rigore, uno dei primi acquisti dell’Avvocato che ne rimase subito affascinato dall’astuzia contadina: avevano convenuto che per ogni gol gli avrebbe regalato una mucca e lui ne sceglieva sempre una gravida. Ha forse acceso meno gli Agnelli di passione puramente tifosa, ma ne ha goduto forse considerazione ancora maggiore fuori dal campo, tanto che a lui fu affidato l’incarico di ricostruire la Juventus negli anni Settanta da presidente, ruolo mantenuto fino al 1990 e poi ricoperto di nuovo dal 1991 al 1994, fino a diventare l’icona della juventinità.
Aldo Liverani
14 di 15 2) Omar Sivori. Il più grande colpo di Umberto Agnelli da presidente, voluto con tale forza e passione tifosa da fargli dire «E io lo compro lo stesso!» ai dirigenti che gliene sconsigliavano l’acquisto perché troppo oneroso. Quanto all’Avvocato, il mix di talento abbagliante e di affascinante spirito ribelle dell’argentino lo stregò a tal punto da fargli coniare per lui forse la più geniale delle sue tante geniali definizioni: «Sivori è come un vizio: sai che fa male, ma non puoi farne a meno».
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15 di 15 1) Michel Platini. Uno di quelli che hanno fatto sognare due generazioni: colpo di mercato e fuoriclasse prediletto di Gianni, ammirato da Umberto, idolo di un Andrea bambino. Due generazioni e tre esponenti della famiglia, ma è senza dubbio l’Avvocato l’Agnelli più legato a Platini, per il quale Le Roi, oltre a essere un campione di talento sublime, rappresentò quasi un alter ego sul campo per classe, eleganza, stile e ironia. «Nella Juve nessuno è mai stato al suo livello e se, come spero, un giorno qualcuno dovesse superarlo lo ammetteremo a malincuore», disse del francese, al quale regalò un pallone di Platino dopo che Michel, per i 70 anni, gli aveva donato uno dei suoi tre Palloni d’Oro.

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