Ecco i nostri voti ai giocatori e ad Allegri (di Guido Vaciago)
La parata più difficile è forse quella di aver dovuto bloccare la voglia di giocare e la consapevolezza di poter essere titolare in qualsiasi altra squadra tranne in quella che si è scelto di militare. Sempre pronto quando è stato chiamato, qualche peccato veniale qua e la, ma la sensazione che la Juventus non debba stare in ansia se Szczesny ha il raffreddore e abbia un’alternativa pronta anche per il futuro.
L’amico del cuore di Cristiano Ronaldo ha svolto un ruolo fondamentale: invisibile ai tifosi, se non per le apparizioni social o le citazioni sui post di CR7 è uno degli uomini chiave per l’unità dello spogliatoio. Insieme a lui vanno citati i ragazzi della Under 23, sparring partner fondamentali nel corso della stagione e i giovani Fagioli e Nicolussi- Caviglia, fra quelli che più spesso sono stati coinvolti nella prima squadra.
Gli si può imputare qualche errore di marcatura, soprattutto a inizio stagione, ma questo non macchia una stagione in cui ha ristabilito l’intesa con i vecchi compagni e ha svolto il suo ruolo nel reparto con la solita lucidità tattica e la tecnica che gli consente di partecipare alla costruzione. Ottimo anche il contributo gol con 3 reti (importanti quelle contro il Napoli e a Cagliari). Spesso sbaglia e rimedia nel corso della stessa gara.
Martoriato dai problemi fi sici, ha fatto i conti con la mancanza di continuità, ma ha incastonato alcune ottime prestazioni. Non gode della generosità del pubblico, ma ha la fi ducia di Allegri, quella che conta in fondo. Anche perché solo il pregiudizio non consente di vederne le qualità della sua serissima fase difensiva e la crescita in quella offensiva. Gli servirebbe una stagione senza sfi ghe e forse riuscirebbe a convincere anche i più scettici.
Voto decurtato dal tradimento di mezza stagione, capriccio assurdo e anche un po’ illogico (avrebbe giocato più di quanto si aspettava). Nei primi mesi ha dato il suo contributo con i suoi pregi e anche il suo eterno difetto (le distrazioni). Se non si fosse fatto prendere dalla fretta e dall’ansia di essere titolare, probabilmente lo sarebbe nelel partite che contano della Champions League. Ma la scelta di vita imcombeva...
Ha risposto alla chiamata bianconera con l’orgoglio del veterano, disfacendo i bagagli per la Cina e riallineandosi nell’esercito difensivo juventino con il piglio di chi ha combattuto mille battaglie e sa benissimo come si fa. Allegri lo ha voluto da subito, il gruppo lo ha accolto alla grande e lui si è fatto voler bene rispondendo sempre presente e non è cosa da poco, tant’è che gli viene riconosciuta anche dai senatori della squadra.
Lo strano caso del Dottor Alex e di Mister Sandro. Perché la sua, ormai proverbiale, alternanza di rendimento ha raggiunto vette e cadute che manco le più spaventose giostre dei luna park hanno mai sognato. Si passa dall’essere uno dei migliori nel ruolo in Europa, perfetto in chiusura e con i piedi da ala sinistra raffinata in fase offensiva, a prestazioni molli, appannate e, soprattutto, imprecise al punto da diventare irritanti.
Folgorante come il suo inizio di stagione dribblomane e appassionante, Cancelo si è poi inceppato qua e là, inciampando su qualche limite di personalità (sembra più a suo agio quando le cose si mettono bene e in diffcoltà quando c’è da andare in salita), ma rappresenta un salto di qualità europeo sulla fascia: non più un terzino che difende e basta, ma quasi un’ala arretrata, che punta l’uomo. A volta anche dove non dovrebbe.
Pochissimi i casi in cui gli si può imputare di non essersi fatto trovare pronto alla chiamata. E qaundo Allegri ha avuto bisogno di lui è stato, talvolta, perfi no eccellente. Nonostante ciò non è ancora riuscito a conquistare quella fi ducia che insegue da quattro anni, trascorsi intrappolato nel ruolo di riserva, ma la crescita di questa stagione è certamente un segnale incoraggiante per il futuro di chi ha comunque 24 anni.
Quando è finalmente riemerso dall’infortunio e dalla sua evoluzione ha dimostrato il perché è valsa la pena aspettarlo con enorme pazienza: resta negli occhi una sua prestazione in Champions League (contro l’Atletico), ma le sue poche apparizioni in campionato sono state comunque preziose. La Juventus potrebbe aver trovato il terzino sinistro del suo futuro e di quello della nazionale.
Se gioca bene Pjanic, gioca bene la Juventus: l’equazione è pura matematica calcistica e con questa si misura il peso del regista. Nel corso della stagione ha evoluto il suo ruolo, diventando baluardo per la difesa oltre che architetto della manovra, facendo di questa universalità il suo pregio maggiore. Qualche passaggio a vuoto tra gennaio e febbraio per la stanchezza, ma una primavera sontuosa da trascinatore determinante.
Quando ha giocato non ha mai mancato di dare il suo apporto di intelligenza calcistica fatta di inserimenti al momento giusto e di gestione della palla sempre a uno o due tocchi. Non è un beniamino del pubblico che gli imputano poca intensità, d’altra parte il suo non è un gioco che riempie gli occhi. Infortuni e problema cardiaco hanno ridotto le presenze al minimo, ma quando ha potuto ha sempre dispensato la sua intelligenza.
Non ha smesso di correre dalla passata stagione, passando per un mondiale vinto (sempre di corsa), così a gennaio un po’ di fi atone è stato inevitabile. Ma, avuto il tempo per riprendersi, Matuidi è tornato a maratoneggiare e farsi trovare sempre al punto giusto nel momento giusto. Giocatore essenziale per la sua intensità e per i gol pesanti a inizio campionato, ha messo la fi rma su questo campionato più nella prima che nella seconda parte.
Giusto il tempo di ambientarsi e si è dovuto fermare per il problema alla tiroide, il che ne ha frenato la sua definitiva affermazione, ma non è riuscito a bloccarla, perché nel fi nale di campionato è emerso il vero Emre in tutta la sua potenza fisica (davvero impressionante), la sua generosità agonistica e la sua duttilità tattica che ne ha fatto un difensore-centrocampista stupefacente per compagni e avversari.
Il ragazzino ha ventun’anni e per metà stagione ha fatto credere di averne dieci di più giocando con una maturità formidabile. Il leggero calo nella seconda parte del campionato è da imputare a un po’ di fatica e alle fisiologiche frenate di un giovane in crescita. Compiti per la prossima stagione: plasmarsi in un ruolo dove specializzarsi, fare qualche gol in più. Ma la possibilità che la Juventus abbia fra le mani un diamante grezzo sono alte.
E’ sbocciato in tutto il suo talento e in tutto il suo atletismo: attaccante modernissimo, in grado di coprire più ruoli e di rendersi utile in ogni zona del campo. Se proprio si vuole trovare un difetto, è avara la casella dei gol (solo due in campionato), ma non quella degli assist (4), ma l’utilità e la classe di Bernardeschi si percepiscono oltre i numeri e si toccheranno sempre di più nelle prossime stagioni che farà da leader.
Sono mancati i gol, non le prestazioni, anche se resta il dubbio che il meglio di sé, Dybala, non l’abbia ancora tirato fuori del tutto e resti imprigionato nei suoi tratti adolescenziali e in una certa quale mancanza di determinazione agonistica nei momenti che contano. Tuttavia, la questione sul ruolo (più lontano dalla porta secondo alcuni) è relativa, la sua classe è oggettiva, così come alcuni gol decisivi.
Supermario ha segnato sempre quando serviva, timbrando il cartellino nelle partite decisive e negli scontri diretti più spinosi. Ha trascinato la squadra, fatto da apripista per Ronaldo, il terzino all’occorrenza, insomma sia il buttafuori e il protagonista sul palco: non è amato da tutti, Mandzukic, perché non luccica come le punte pure, impolverato com’è da tutti i ruoli che ricopre e avaro di gol inutili e leggeri.
Campionato devastato dagli infortuni: un peccato perché il suo eclettismo tattico che gli consente di fare il terzino, l’ala e pure la mezzala è l’ingrediente neanche troppo segreto della Juventus degli ultimi anni. Restano flash eccellenti e prestazioni sostanziose, raggruppate soprattutto nella prima parte della stagione e poi tanta nostalgia nelle giornate in cui milioni di tifosi bianconeri hanno sognato di vederlo scaldarsi a bordo campo.
Uno squarcio sui prossimi dieci anni di Juventus e del calcio italiano che si è aperta nella seconda parte del campionato, facendo entrare gol pesantissimi, prestazioni mature e la voglia di vederne sempre di più. Kean, dosato alla perfezione da Allegri, è il nuovo che avanza e segna, sfrontato come i giovani bomber, ma dotato di quel sesto senso per il gol che ne farà un cannoniere. Intanto si vince il suo primo vero scudetto.
Non si ambienterà nel campionato italiano, segnerà poco, non inciderà come in Spagna: tutte balle che Cristiano ha smentito partita per partita, gol dopo gol, prestazione dopo prestazione, dimostrando una straordinaria capacità di adattarsi a nuove abitudini, nuove marcature e nuovi, ostici, atteggiamenti tattici. E’ il migliore e lo ha dimostrato anche in Serie A con una serietà e una continuità di rendimento senza eguali. Che si giochi al Bernabeu o allo Stirpe, CR7 non fa distinzione: vuole vincere e segnare. E di solito fa entrambi.
Viene il sospetto che la fascia che gli ha consegnato Buffon abbia poteri magici, visto che come Chiellini abbia tirato fuori, a 34 anni, la sua stagione migliore sotto ogni punto di vista. Implacabile in marcatura, perfetto nell’organizzazione difensiva, straordinariamente continuo nel rendimento (si è gestito i suoi delicati polpacci da esperto), magnificamente carismatico da capitano. Ha sempre fatto e detto la cosa giusta al momento giusto: poco da aggiungere.