"Il mondo di Senna a Torino"

Al Museo dell’Auto una mostra dove si vedrà e si vivrà tutto Ayrton: lui è cultura
"Il mondo di Senna a Torino"© ANSA
Perché Senna? Perché poche persone, pochi personaggi, pochi campioni, anzi forse nessuno è stato ed è cultura come Ayrton Senna. La sua figura immanente, nell’automobilismo ma non solo. La sua umanità profonda e variegata, soprattutto condivisa, senza confini di nazionalità né barriere di tifo. Il suo carisma. Il suo impegno nel sociale. Il suo essere icona anche glamour, nella grandiosità delle azioni in macchina come nella semplicità dei gesti. Nei rapporti con la gente, fossero addetti ai lavori o semplici tifosi. Nella quotidianità del suo vivere la pista e il paddock» . 
Lorenza Bravetta, parla di Senna come se l’avesse conosciuto, o vivesse aggrappata alle manovre geniali e spericolate che ideava, compiva e - con mani e piedi - gestiva. 
«No, non l’ho mai conosciuto. Però a modo mio l’ho vissuto, sì. Sia perché mio padre, quand’ero bambina e sembravo un maschio - per i capelli corti e le passioni che mi animavano - lavorava in Brasile, quindi mi trasmise una forte empatia per quella figura di pilota. E poi perché all’epoca, negli Anni 80 e nei primi 90, le gare di Formula 1 come le partite di pallone e le corse di ciclismo non si potevano non seguire e vivere quando si andava a spasso nel weekend. Io una memoria nitida delle voci che uscivano dalle radioline quando passeggiavo al Valentino. Non ero un’appassionata di automobilismo, né di macchine, ma i duelli con Prost e Mansell me li ricordo bene». 
Dov’era il 1° maggio 1994 la futura direttrice del Museo dell’Automobile, quando arrivò la notizia? 
«Al volante. A Torino. Guidavo in corso Vittorio Emanuele. Stavo tornando a casa, c’era l’autoradio accesa. Non dimenticherò mai quelle parole, alternate a silenzi gravi. La morte di Senna è uno di quei momenti che tutti ricordano: dov’erano e cosa facevano. Come l’11 settembre, come la tragedia di Lady Diana. O, prima, lo sbarco sulla Luna o l’assassinio di Kennedy». 
 
“Ayrton Senna Forever” a Torino. Dal 24 aprile al 13 ottobre. Come ci siete riusciti? 
«Mariella Mengozzi, mancata l’anno scorso e dalla quale ho ereditato questo prestigioso incarico, aveva lasciato sul tavolo un dossier al riguardo. Io e i miei collaboratori – tra i quali la preziosissima Paola Masetta, della produzione culturale - ci siamo interrogati sul senso che quel progetto potesse avere e, poco alla volta, assumere. Ci piaceva l’idea di aprire il Museo a una strategia culturale più sistemica, integrandola con altre forme di espressione: la moda, il design, il cinema, la musica, la letteratura, l’arte contemporanea. Insomma, di dare una dimensione di cultura più ampia e aperta a temi prettamente automobilistici. Abbiamo individuato come curatore Carlo Cavicchi, forse il più titolato al mondo per questo ruolo: conosceva il campione, la persona e il personaggio. Come direttore di Autosprint ne aveva narrato le gesta ma soprattutto portò poi avanti con coraggio e ostinazione l’inchiesta sull’incidente di Imola. È un professionista di rara intelligenza e umanità, con uno spirito da ragazzino. Era settembre scorso, mi ero appena insediata. “Io non ho mai fatto una mostra”, ci disse Cavicchi. “Io invece ne ho curate tantissime ma mai a tema automobilistico” risposi. Dopo un primo momento di… panico, ci abbiamo riso sopra e siamo partiti da lì. Abbiamo individuato nell’architetto Francesco Librizzi - uno che ha curato diverse Biennali di Venezia, per intenderci - la figura ideale per connotare gli spazi, ridisegnare e riqualificare le aree espositive per creare una mostra d’arte ma ben sapendo, anzi sentendo, di essere al Mauto. E lì abbiamo cominciato a muoverci. A cercare, a chiedere, a recuperare il materiale». 
Cosa ci sarà? Cosa vedremo? «Tutto. Avremo tutto. Vedrete tutto. Perché tutto volevamo, per raccontare il mito Senna su molteplici livelli. Le macchine che ha guidato. I kart. I caschi. I cimeli. Gli oggetti personali. La sua moto, la Ducati Senna. I filmati. Le pubblicazioni che lo riguardano. 253 pezzi in mostra. Per un racconto non cronologico, non didascalico, ma il più possibile empatico e partecipato, ancorché filologicamente corretto. Video inediti. Fotografie. Testimonianze. Competenze. Talk show. Vogliamo raccontare anche il suo rigore. Il 1° maggio ci collegheremo con il Tamburello per la cerimonia di commemorazione, che sarà trasmessa sugli schermi. Tutto il mondo, nel trentennale di quel giorno maledetto al Tamburello, avrebbe voluto farlo al posto nostro. O comunque tutti volevano, avrebbero voluto il loro pezzo di Senna. Ma quando hanno capito quanto fosse speciale, unico, quanto avevamo in testa, ogni cosa è stata convogliata qua. Collaborazione totale, a volte inattesa. In qualsivoglia Paese. Dal suo Brasile alla Germania. In certi casi abbiamo dovuto addirittura dire “anche basta, grazie”, perché non avremmo più saputo dove mettere la roba».
Chissà i costi. 
«Elevati. Ma mai azzardati. Nessun passo più lungo della gamba del Museo. Stiamo nel budget annuale e rientreremo delle spese. Ci aspettiamo decine di migliaia di visitatori, in questi mesi, anche inattesi, anche ospiti a sorpresa. E non è solo una questione economica, non essendo nemmeno il Mauto un’associazione a fini di lucro. Anche per questo si pagherà l’ingresso al Museo e basta, senza maggiorazioni. La collezione permanente più la mostra col biglietto normale da 15 euro. Vogliamo dare e trasmettere Senna al mondo: a chi sa tutto di lui, a chi vuole saperne di più, a chi dovesse non saperne niente. Dando e trasmettendo così anche Torino». 
Torino che era capitale dell’auto, mentre adesso… 
«La presenza meno forte a livello industriale non ha diminuito il sentire popolare, la cultura, la memoria, la storia dell’auto in questa città, che è anche la mia. Anche per questo, quando mi venne proposto di candidarmi alla direzione attraverso un bando, risposi di sì malgrado la mia scarsa esperienza nel settore e le altre candidature di prim’ordine. Rifiutare questa opportunità, anche solo di fare un tentativo, mi sembrava una mancanza di riguardo. Non cercavano in me competenza automobilistica ma una certa idea di management. Culturale, appunto. In tal senso il Museo resta un perno. Che vogliamo non solo conservare ma rinforzare. Nel 2023 abbiamo avuto più di 300 mila spettatori paganti, senza conteggiare gli ospiti a vario titolo. La passione è emotività: non mi aspettavo che l’automobile mi prendesse così tanto. A Monza, l’anno scorso, sono andata per la prima volta a un Gran Premio. Al di là del circo, quei tre minuti prima del via, quel silenzio quasi religioso, e poi quel rumore… Un’esperienza incredibile, fortissima. Il tema è duttile, malgrado l’arte alla base di tutto sia meccanica e ci sia molta tecnologia. Il modo di raccontare e vivere l’auto è infinito. Con Senna lo esploreremo ulteriormente». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Loading...