Inter, Marotta dalla stella all'Euroflop: i motivi del ko Champions

A Madrid non è mancato cinismo, ma qualità. L’Inter un anno fa aveva Lukaku terza punta. Non si possono sempre chiedere miracoli a Inzaghi

MILANO - A Madrid all’Inter non è mancato il cinismo, come ha detto Simone Inzaghi dopo la sconfitta con l’Atletico, ma qualità. Diego Simeone ha acciuffato vittoria - e qualificazione - grazie a Memphis Depay; l’Inter è uscita perché, a differenza di un anno fa, non aveva più un Lukaku dietro alla coppia di attaccanti titolare. Con una terza punta ad altezza Champions, forse Marcus Thuram (esausto) sarebbe stato sostituito prima e l’Inter avrebbe concretizzato la supremazia territoriale nei supplementari facendo gol. Invece tutti sanno com’è finita: Depay ha colpito un palo, segnato il 2-1 e poi trasformato il suo rigore; Alexis Sanchez, uno che il meglio l’ha ampiamente dato e che l’Inter ha ripreso dopo aver pagato per liquidarlo, non ha combinato niente e ha chiuso calciando il suo, di rigore, malissimo. Mentre Marko Arnautovic non era neanche in panchina, perché vittima del secondo infortunio muscolare importante in stagione.

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Inter, i nodi al pettine

Era stata più volte denunciata l’inadeguatezza degli attaccanti alle spalle della ThuLa e al Metropolitano il problema è emerso in tutta la sua grandezza. Lo scudetto della seconda stella, pur meritatissimo, non laverà l’errore di valutazione fatto da Beppe Marotta e Piero Ausilio sulla batteria degli attaccanti perché per vincere contro le medio-piccole in Italia può anche bastare avere Arnautovic e Sanchez come tappabuchi, ma in Europa l’asticella si alza e capita di non riuscire a battere in due partite la Real Sociedad (presa poi a pallonate dal Psg) se si sceglie di partire senza Thuram all’andata (con l’austriaco titolare e il francese entrato soltanto al 55’) e senza Lautaro al ritorno (con il cileno titolare e il capitano addirittura entrato al 65’). Avendo l’obbligo di conquistare lo scudetto della stella, Inzaghi ha scelto di fare turnover nel girone di Champions - una rarità assoluta - e non l’ha fatto perché non tenesse alla competizione (anzi...), ma perché terrorizzato dall’idea, con la Juve alle calcagne, di perdere uno dei due titolari in attacco, dopo aver già visto sgretolarsi Arnautovic a Empoli (24 settembre) per una lesione muscolare ai flessori della coscia sinistra che l’ha tenuto fuori per 49 giorni. Poi l’austriaco, confermando un certo logorio al fisico, si è rifatto male con il Genoa (altra lesione, stavolta al bicipite femorale della coscia destra) e tornerà per festeggiare i 35 anni, che compirà il 19 aprile.

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Aspettando Taremi

Nel calcio poi - come ama ripetere Allegri - ci sono le categorie e mentre Sanchez, quanto meno, può vantare un passato luminoso, Arnautovic - che all’andata, prima di segnare, aveva sbagliato un paio di occasioni tra cui un gol incredibile - non può certo essere considerato uno specialista della Champions, se è vero che non giocava nella competizione dalla stagione 2010/11 (5 presenze e 2 gol, di cui uno all’Inter, col Werder Brema). Difficile, viste queste premesse anche nonostante le doti taumaturgiche di Inzaghi, pensare di fare troppa strada in Europa anche perché - altro fatto per nulla secondario - non si può certo sperare in una stagione lunga e massacrante, di avere tutti in forma da settembre a maggio.

E l’anno scorso, non va dimenticato, l’Inter è arrivata a Istanbul grazie ai gol della terza punta, ovvero Lukaku, con Porto (a San Siro) e Benfica (a Lisbona), Lukaku che inoltre ha trascinato l’Inter alla rimonta in Champions, permettendo a Dzeko di mantenere la forma per le grandi notti di coppa. Nella prossima stagione - che tra Champions extralarge e Mondiale per club si preannuncia ancora più dura - arriverà Taremi, 32 anni a luglio: neppure lui è un giovincello ma, quanto meno, sa cosa vuol dire giocare in Europa. È senz’altro un upgrade per Inzaghi, ma in un club che vede come la Mecca i parametri zero e dove viene ceduto almeno un big a stagione risulta difficile pensare che i miracoli possano sempre riuscire. Vero Zhang?

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