Franco Arese: "A 80 anni ancora dentro il mio sport. Gli atleti oggi..."

Compleanno importante per il campione di atletica ed ex presidente Fidal: "Vi racconto cosa è cambiato e come"

È una giornata importante per Franco Arese: compie 80 anni, ben portati (cammina tutti giorni dai 5 ai 10 km). Piemontese doc, nato a Centallo (Cuneo) il 13 aprile 1944, atleta azzurro di mezzofondo di caratura internazionale, imprenditore di successo (presidente di Asics Italia dal 1982 al 2013) e presidente della Fidal (dal 2005 al 2012).

Da dove partiamo?

«Dalle scarpe in tela con le quali si correva. Altri tempi che non rimpiango, completamente diversi da quelli attuali. Le calzature ora hanno cambiato il mondo della corsa lunga. Venivo dalla campagna, a Centallo, dove sono nato, in casa non c’era l’energia elettrica, questo solo per far capire come tutto è cambiato in meglio».

Anche l’atletica?

«Certo. Ora gli atleti vivono in una sorta di involucro, a tutto pensano i manager, i mental coach, gli allenatori, insomma uno staff al completo».

Si sono modificati anche gli allenamenti?

«Come intensità non credo, come qualità, invece, ne sono certo». Non girava molto denaro in quel periodo. «No, certo. Ero comunque in grado di gestirmi da solo. Contattavo gli organizzatori e trattavo. Tutto questo mi è servito successivamente nella carriera da imprenditore».

Lei è stato uno dei primi ad andare a correre negli Usa.

«Mi è sempre piaciuto, scoprire nuovi mondi, sono stato tra i primi a correre a New York il Millrose Games su pista coperta in legno che misurava 146 metri, con il pubblico che fumava. Ti bruciavano i polmoni».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Anno d’oro il 1971, dove ha stabilito tutti i primati italiani dai 1500 ai 10 mila, eccezion fatta per gli 800 (1972). In quell’anno vinse il titolo europeo dei 1500 ad Helsinki. Come è arrivata quella vittoria?

«Due anni prima ero già favorito ad Atene. Ma il clima caldo della Grecia mi debilitò, chiusi 8º. Nel 1971 la mia base di allenamenti divenne Turku (Fin). Vinsi gli Europei alla grande, ma fu un anno eccezionale e stabilii tutti i miei primati: 1500, miglio, 5000 e 10mila. Poi mi preparai per la Maratona di San Silvestro a Roma. Vinsi anche quella. Iniziavo l’anno con i cross, poi le corse su strada e la pista. A fine ’71 l’idea di correre una maratona mi aveva affascinato. Dopo aver “scoperto” la maratona, a gennaio corsi il cross di Volpiano (To), poi andai negli Usa. Ci rimisi i tendini. I Giochi Olimpici mi videro uscire in batteria nei 1500».

Lei ha sfidato moltissimi campioni, uno in particolare difficile da battere?

«Lo statunitense Marty Liquori, mi metteva soggezione con la scritta “Usa” sulla tuta, oppure il polacco Szordykowski che non tirava mai un metro, stava sempre dietro. L’ho battuto in volata nel giorno più importante: il 15 agosto 1971 a Helsinki».

Poi per otto anni alla presidenza della Fidal.

«Ho dei ricordi stupendi, come l’organizzazione degli Europei indoor a Torino nel 2006, i Mondiali ad Osaka l’anno successivo».

La sua attività di imprenditore, prosegue ancora, ci risulta che il marchio Karhu di cui ha acquisito il controllo dal 2014 sia lo sponsor tecnico degli Europei di Roma.

«Una soddisfazione personale essere ancora nel campo dell’atletica, sport che mi ha dato moltissimo, a 80 anni, all’Olimpico spero la nostra nazionale faccia bella figura. Un sogno? Vedere l’oro di Pietro Arese nei 1500. Porta il mio cognome corre la mia stessa gara, nessuno dopo di me ha vinto un oro su questa distanza da Helsinki 1971».

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È una giornata importante per Franco Arese: compie 80 anni, ben portati (cammina tutti giorni dai 5 ai 10 km). Piemontese doc, nato a Centallo (Cuneo) il 13 aprile 1944, atleta azzurro di mezzofondo di caratura internazionale, imprenditore di successo (presidente di Asics Italia dal 1982 al 2013) e presidente della Fidal (dal 2005 al 2012).

Da dove partiamo?

«Dalle scarpe in tela con le quali si correva. Altri tempi che non rimpiango, completamente diversi da quelli attuali. Le calzature ora hanno cambiato il mondo della corsa lunga. Venivo dalla campagna, a Centallo, dove sono nato, in casa non c’era l’energia elettrica, questo solo per far capire come tutto è cambiato in meglio».

Anche l’atletica?

«Certo. Ora gli atleti vivono in una sorta di involucro, a tutto pensano i manager, i mental coach, gli allenatori, insomma uno staff al completo».

Si sono modificati anche gli allenamenti?

«Come intensità non credo, come qualità, invece, ne sono certo». Non girava molto denaro in quel periodo. «No, certo. Ero comunque in grado di gestirmi da solo. Contattavo gli organizzatori e trattavo. Tutto questo mi è servito successivamente nella carriera da imprenditore».

Lei è stato uno dei primi ad andare a correre negli Usa.

«Mi è sempre piaciuto, scoprire nuovi mondi, sono stato tra i primi a correre a New York il Millrose Games su pista coperta in legno che misurava 146 metri, con il pubblico che fumava. Ti bruciavano i polmoni».

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