O.J. Simpson, il ritratto dell'uomo che tradì l'America: sport e scandali

Morto l'ex campione statunitense più discusso: da icona del football e simbolo di integrazione all’omicidio della ex moglie e al cancro

TORINO - L’uomo che tradì tutti, anche l’America, è morto ieri. O.J. Simpson, all’anagrafe Orenthal James Simpson, è deceduto a 76 anni per un cancro. Fu icona dello sport a stelle e strisce, prima superstar di colore degli Stati Uniti, immagine vivente del sogno americano secondo cui si può partire dal basso e avere tutto, simbolo dell’integrazione possibile e poi dell’impossibilità di realizzare questo stesso sogno americano. Così facendo O. J. Simpson ha tradito il suo Paese, chi gli stava vicino e, in fondo, anche se stesso. La sua parabola esistenziale ne ha fatto uno dei personaggi più discussi dal popolo statunitense. Nato nel 1947, fu allevato dalla madre e abbandonato dal padre quando aveva 5 anni. Durante l’infanzia soffrì di rachitismo, poi trovò nello sport la sua via.

L'ascesa di Simpson

Emerse all’Università della California. Nel 1969 passa al professionismo, accasandosi ai Buffalo Bills, che lo scelgono come primo assoluto al Draft Nfl di quell’anno. Nelle file dei Bills, dove resta fino al 1978, viene nominato miglior running back nel 1972; nel 1973 supera il muro delle duemila yard corse nella stagione regolare (2003). Nel 1973 è nominato Mvp della Nfl. Si trasferisce quindi nella squadra della sua città, i San Francisco 49ers, dove resta fino al 1979 per poi ritirarsi. Simpson strizza anche l’occhio al cinema, partecipando a dozzine di film. L’America lo guarda, lo ammira e lo adora. E l’establishment lo osanna perché è il miglior biglietto da visita di chi dice che anche un nero può farcela nella società americana. Poi qualcosa si rompe e l’uomo O. J. Simpson volta le spalle a tutti. Nel giugno 1994 Simpson viene accusato dell’omicidio della ex moglie Nicole Brown e dell’amico Ronald Goldman. Nicole rappresentava il modello della donna bianca, bionda e al passo con i tempi. Il matrimonio durò sette anni. O. J. è accusato di abusi coniugali nel 1989.

Le accuse di omicidio

L’ex moglie e l’amico vengono ritrovati morti, colpiti con un coltello nel giardino di casa dei Simpson, a Brentwood, lussuoso quartiere di Los Angeles. Simpson è arrestato al termine di un rocambolesco inseguimento in auto per le strade di Los Angeles, che tiene tutti con il fiato sospeso davanti alla tv. L’America tradita segue il processo come se si guardasse allo specchio, con tutte le sue contraddizioni, i rituali e le convenzioni più solide. I media parlano della “caduta di un eroe americano”, il caso scatena dibattiti su razzismo, violenze domestiche e persino sulle colpe della polizia.

La condanna

Tre anni dopo, Simpson viene assolto, ma poi giudicato colpevole nella causa civile intentata dalle famiglie delle vittime due anni dopo: è costretto a pagare 33,5 milioni di dollari ai familiari delle vittime. Inizia la discesa all’inferno dell’uomo che ha voltato le spalle a tutti. Nel 2007 viene arrestato per furto con scasso in una camera d’albergo a Las Vegas. Lo condannano a trentatré anni di carcere per rapina e sequestro di persona di cui i primi nove senza possibilità di libertà vigilata. Simpson esce di prigione nell’ottobre 2017. Fred Goldman, padre di una delle vittime ha dichiarato al telefono alla Nbc: «Non è una grande perdita per il mondo». L’America non lo ha mai dimenticato, ma lo ha temuto per paura di specchiarsi nel suo volto e nella sua vicenda.

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