Giù le mani dal Coni o finiamo come il Kuwait

Giù le mani dal Coni o finiamo come il Kuwait© LAPRESSE

Chissà se conoscono la storia del Comitato Olimpico del Kuwait, i signori della politica che stanno partorendo la più inaccettabile riforma del Coni mai concepita nei 104 anni della sua esistenza, per distruggerne l’autonomia, chiudere Coni Servizi, aprire l’ente Sport & Salute che già dal nome richiama un centro fitness e spedire all’inferno lo sport italiano nel mondo. Se i signori della politica ignorano le vicende kuwaitiane, gliele riassumiano noi. Nel 2015, il Cio (Comitato Olimpico Internazionale) ha bandito per tre anni lo sport dell’Emirato dalle competizioni perché il governo locale non aveva garantito la «giusta indipendenza» al suo ente olimpico. Tanto che, alle Olimpiadi di Rio 2016, i rappresentanti del Kuwait poterono partecipare, ma senza bandiera e con la qualifica di «atleti olimpici indipendenti». Deve essere chiaro a tutti che, se dovesse passare il disegno di legge governativo, Giovanni Malagò si dimetterebbe per ingerenza politica e il Cio, immediatamente, riserverebbe all’Italia lo stesso trattamento del Kuwait. Con tanti saluti alla candidatura di Milano e Cortina ai Giochi Invernali 2026, alla partecipazione degli azzurri a Tokyo 2020, salvo andarci senza tricolore e l’etichetta già stampigliata sulle maglie dei malcapitati kuwaitiani.

Forse, presi come sono in questi giorni con i giochi di potere che passano sopra la testa di milioni di praticanti, i signori della politica hanno trascurato le parole pronunciate da Thomas Bach, da cinque anni grande capo dei Cinque Cerchi, in occasione della sua visita a Roma, addì 7 novembre scorso: «Il Cio difende sempre e dovunque l’autonomia dello sport». Appunto. Che razza di autonomia sarebbe, quella di un Foro Italico occupato con lo strumento di Sport e Salute, destinato a gestire 370 dei 410 milioni di euro che l’ente presieduto da Malagò eroga alle sue federazioni? Ma qualcuno pensa che siamo tutti scemi? Ha ragione Malagò e speriamo non siano profetiche le sue durissime parole: «Questa non è una riforma dello sport italiano, non c’entra assolutamente nulla. Questo é un discorso di occupazione del Coni che nemmeno il fascismo si permise di fare. Con l’entrata in vigore della norma, diventeremmo l’ultimo comitato olimpico del mondo». L’ultimo. Capito? Altro che sport e salute. La politica, qualunque sia il colore di chi governa, non deve mai intaccare l’autonomia dello sport. Nel 2003, l’intervento dell’esecutivo portò all’allargamento dei campionati di A e B a 20 e a 22 squadre. Un disastro di cui il nostro calcio paga ancora le conseguenze. Basta e avanza.

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